Homeschooling: A Multiple Case Analysis
Istruzione Parentale: un’Analisi di Caso Multiplo
Emilia Restiglian
Department of Philosophy, Sociology, Education and Applied Psychology, University of Padova (Italy) – emilia.restiglian@unipd.it
https://orcid.org/0000-0002-1837-6909
Serena Busato
Primary School I.C. Laverda, Breganze, Vicenza (Italy) – serenabusato97@gmail.com
https://orcid.org/0009-0004-8261-6454
Homeschooling practices in Italy are constantly increasing, which raises various questions for schools and research. The contribution presents empirical research (multiple case analysis) on seven parental realities in the Province of Vicenza, with the aim of understanding the phenomenon from an educational point of view. The data return parental realities characterised by different pedagogical approaches that influence all the educational dimensions, making it possible to outline an initial profile of the phenomenon in the research context. Some of the elements that emerged are families’ attention to their children’s education, new educational needs, the advantages and disadvantages of each educational model, and the need to establish a dialogue between educational agencies. Many of the topics discussed call for new research paths capable of supporting project thinking on a widespread educational model capable of responding to the needs of today’s society.
Le pratiche di istruzione parentale in Italia sono in continuo aumento e questo pone una molteplicità di domande di diversa natura alla scuola e alla ricerca. Il contributo presenta una ricerca empirica (analisi di caso multiplo) su sette realtà parentali nella Provincia di Vicenza, con lo scopo di conoscere il fenomeno da un punto di vista educativo-didattico. I dati restituiscono realtà parentali caratterizzate da approcci pedagogici diversi che influenzano tutte le dimensioni educative consentendo di delineare un profilo iniziale del fenomeno nel contesto di ricerca. L’attenzione delle famiglie verso l’educazione dei figli, i nuovi bisogni educativi, i vantaggi e gli svantaggi di ciascun modello educativo e la necessità di stabilire un dialogo tra le agenzie educative sono alcuni degli elementi emersi. Molti degli argomenti discussi sollecitano nuovi percorsi di ricerca in grado di supportare il pensiero progettuale su un modello educativo diffuso capace di rispondere alle esigenze della società odierna.
Homeschooling, Public School, Parental settings, Alternative education, Families
Istruzione parentale, Scuola pubblica, Realtà parentali, Educazione alternativa, Famiglie
The Authors declare no conflicts of interest.
Conceptualization (E. Restiglian, S. Busato); Data analysis (S. Busato); Methodology (E. Restiglian, S. Busato); Writing – original draft (S. Busato); Writing – review & editing (E. Restiglian).
The Authors would like to thank Laura Fassina for her precious input. The Authors received no financial support for the research, authorship, and/or publication of this article.
April 23, 2024
September 20, 2024
September 21, 2024
L’istruzione parentale, meglio nota con i termini inglesi homeschooling e home education, è un modello educativo caratterizzato dalla piena realizzazione dell’autorità genitoriale sull’ambiente educativo dei figli (Reich, 2002). L’homeschooling si afferma in Nord America intorno alla seconda metà del Novecento, per motivi religiosi, sociali (Gaither, 2008) e pedagogici (Isenberg, 2007).
Attualmente l’homeschooling è definita come un crescente fenomeno globale (Cheng & Donnelly, 2019) ed è diffusa in tutto il mondo ad eccezione di paesi come Corea del Nord, Bielorussia, Cuba (Budajczak, 2014) e Cina (HSLDA, 2023) dove la pratica è considerata illegale.
In generale, risulta complesso valutare la portata del fenomeno in quanto, ad esclusione degli Stati Uniti, non esistono enti preposti al monitoraggio costante delle famiglie che compiono tale scelta. Inoltre, i dati reperibili da censimenti o piattaforme come quella dell’organizzazione HSLDA (Home Schooling Legal Defense Association) sono poco recenti e impediscono di quantificare il fenomeno su scala mondiale al momento attuale.
In Europa la situazione appare complessa e variegata. I regolamenti riferiti alla concessione da parte dei governi e ai requisiti richiesti a coloro che si occupano di formazione ed educazione, appaiono profondamente diversificati (European Commission, 2018).
In Italia, così come in Austria, Belgio, Polonia e Francia, la regolamentazione risulta poco severa. Per aderire ad un programma di homeschooling è sufficiente una dichiarazione alle autorità locali e scolastiche da parte della famiglia e non sono richiesti qualifiche o requisiti specifici alle figure educative coinvolte (European Commission, 2018, p. 7).
L’Italia, negli ultimi anni, ha registrato un forte incremento di famiglie che scelgono l’istruzione parentale come alternativa alla scuola pubblica, paritaria e privata. L’espansione del fenomeno è testimoniata dalla crescente attenzione rivolta al movimento da parte dell’opinione pubblica e dalla recente comparsa di associazioni ed enti a sostegno delle famiglie homeschooler come LAIF, EDUpar e Controscuola. Dall’analisi dei dati provenienti dall’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS), nell’anno scolastico 2018–2019 gli alunni in istruzione parentale erano 5.126, ovvero lo 0,06%, percentuale che comprende scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado (Di Motoli, 2020).
Lombardia, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte e Veneto costituivano le regioni con il maggior numero di studenti iscritti ad un programma di homeschooling (Di Motoli, 2020, p. 114).
Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, reperibili nei siti web di alcune note testate giornalistiche come Il Sole 24 Ore, il numero di studenti homeschooler dall’anno scolastico 2018–2019 all’anno 2020–2021 sarebbe triplicato, raggiungendo quota 15.000, di cui 10.000 inseriti nell’istruzione primaria (Bruno, 2021). In un altro articolo pubblicato nel giornale La Repubblica si legge che l’istruzione a casa nell’ultimo quinquennio sarebbe aumentata di sei volte (Intravaia, 2023).
In riferimento alla Regione Veneto, grazie ad un recente report condotto dall’Ufficio Scolastico, si nota un aumento esponenziale del fenomeno, passato dallo 0,11% (2018–2019) allo 0,64% (2021–2022). I dati raccolti permettono di ipotizzare una possibile correlazione tra l’incremento della pratica e l’impatto della pandemia Covid-19. Durante l’anno dell’emergenza sanitaria, infatti, gli studenti di scuola primaria aderenti ad un programma di istruzione parentale sarebbero passati da 312 a 1440, un incremento pari al 361,53% (USRVeneto, 2023).
L’istruzione parentale può avvenire individualmente o prevedere la formazione di gruppi (MIUR, 2018), una sorta di homeschooling comunitaria che identifica la cosiddetta scuola parentale (Fazioli, 2020). Quest’ultima tipologia, presente nel contesto italiano, è stata individuata anche nel Regno Unito (Atkinson et al., in Seiver & Pope, 2021) e negli Stati Uniti (Morse, 2019).
L’espansione del fenomeno, registrata in tutto il territorio nazionale, suscita numerosi interrogativi che spingono gli studiosi a ricercare possibili correlazioni tra cause pedagogiche, sociali, territoriali e incremento della pratica. Muovendo i primi passi all’interno di un fenomeno che in Italia risulta in gran parte sconosciuto e inesplorato, ci si chiede quali siano le forme di educazione e di istruzione privilegiate dalle famiglie.
L’incremento della pratica di homeschooling e la richiesta esplicita da parte di una madre desiderosa di conoscere genitori che, come lei, sono alla ricerca di un contesto educativo alternativo alla scuola “tradizionale”, hanno rappresentato le principali motivazioni per l’avvio del presente studio.
La ricerca di carattere esplorativo intende indagare da un punto di vista quantitativo e qualitativo il fenomeno dell’istruzione parentale nella provincia di Vicenza con lo scopo di mappare le realtà di homeschooling presenti nel territorio ed esplorare i modelli di istruzione parentale scelti dalle famiglie.
Considerata la natura complessa e multifattoriale del fenomeno sono stati impiegati metodi di ricerca misti che affondano le proprie radici nei paradigmi positivista, interpretativo e teorico-critico (Cohen, Manion e Morrison, 2011).
L’analisi di caso multiplo delle realtà è stata realizzata mediante una ricerca etnografica di tipo qualitativo ispirata alla grounded theory (Strauss & Corbin, 1994). Durante la fase preliminare di esplorazione, la ricercatrice si è inserita all’interno di alcune community, sia reali che virtuali, di famiglie homeschooler del territorio. Quest’azione ha permesso di conoscere ed osservare le prime realtà di istruzione parentale e di costituire alcune categorie a partire dai dati raccolti. Il progredire della ricerca e la selezione di nuovi casi studio hanno portato ad un ampliamento delle categorie e ad un’analisi concettuale dei diversi elementi osservati. I dati raccolti in itinere sono stati elaborati attraverso il metodo comparativo costante, considerando criteri di somiglianza e differenza.
Una volta definite le categorie ed individuate le principali connessioni tra i concetti emersi, è stato possibile identificare un modello di homeschooling caratterizzato da aspetti ricorsivi. Gli elementi riferiti alle diverse aree considerate sono stati delineati replicando lo studio delle singole unità di analisi (Stenhouse, 1985).
Per lo studio delle realtà parentali sono state considerate le seguenti aree:
· curricolare, progettuale e didattica (approcci, metodologie, obiettivi, ecc.);
· valutativa (paradigma di riferimento, strumenti e modalità di valutazione, ecc.);
· strutturale ed ambientale (strutturazione degli spazi, setting, materiali, ecc.);
· organizzativa e gestionale (figure educative, strutturazione della giornata, ecc.);
· di raccordo e comunicazione con l’esterno (relazione con le famiglie ed enti esterni, comunicazione con l’istituzione pubblica, ecc.).
Al fine di osservare le realtà è stato strutturato uno strumento osservativo sulla base dei criteri forniti dal Rapporto di Autovalutazione 2022–2025, modello di valutazione della scuola elaborato da INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione). A partire da questo modello osservativo-valutativo sono state selezionate solamente le voci ritenute adatte al contesto educativo indagato.
I dati sono stati rilevati attraverso osservazioni partecipanti non sistematiche, foto, note sul campo ed interviste non strutturate.
Il campionamento delle realtà è avvenuto in due fasi. La prima fase ha previsto la mappatura delle famiglie e delle realtà presenti nel vicentino mediante l’utilizzo di siti web e reti sociali. Successivamente si è proceduto con un campionamento accidentale: le unità sono state selezionate secondo il criterio della disponibilità. Questa tipologia di campionamento non permette una generalità statistica ma risulta efficace per l’analisi approfondita del fenomeno (Benvenuto, 2015).
Nel corso della ricerca è stata rilevata una generale difficoltà nella reperibilità dei dati così come nell’accesso sul campo per l’osservazione e lo studio dei singoli casi. Questo elemento denota una certa chiusura da parte di queste organizzazioni e la volontà, in molti casi dichiarata, di mantenere l’anonimato e di non gradire l’accesso di soggetti esterni.
Al termine della ricerca sono state individuate 34 realtà ed è stato possibile osservarne sette. Per ragioni di privacy, all’interno del contributo, non saranno riportate le posizioni geografiche dei casi studio indagati.
La fase esplorativa dello studio si è svolta tra i mesi di gennaio e maggio 2023. L’analisi di ciascun caso è avvenuta singolarmente mediante un’osservazione giornaliera della durata media di 6 ore. Durante l’osservazione è stato possibile assistere alle attività educative ed interagire con insegnanti, bambini ed alcuni genitori.
Nessuna delle realtà può essere intesa come homeschooling a conduzione familiare. Un solo progetto è gestito da una madre-insegnante che, tuttavia, oltre alle sue due figlie, istruisce ed educa altri quattro bambini, dando origine anche in questo caso ad un’homeschooling comunitaria.
L’analisi e la rielaborazione dei dati raccolti, riferiti alle cinque aree considerate, ci permettono di tracciare un primo profilo pedagogico-educativo dell’istruzione parentale, evidenziando le caratteristiche comuni alle realtà osservate.
La maggior parte delle realtà (cinque casi) dichiarano di riferirsi alle Indicazioni Nazionali per il Curricolo (2012) per la definizione degli obiettivi educativi e didattici. Le insegnanti, alla domanda “Quali obiettivi educativi perseguite?” forniscono molteplici risposte. Le affermazioni, spesso analoghe, permettono di individuare gli obiettivi più e meno frequenti. Gli obiettivi prevalenti all’interno dei progetti sono legati allo sviluppo: della competenza emotivo-relazionale come capacità di stare con gli altri, di dialogare e creare senso di comunità (57,1%); dell’autonomia e della capacità di organizzazione (42,9%); dell’imparare a imparare (28,6%); del pensiero e delle capacità logico-matematiche (28,6%). La conoscenza ed il sapere vengono posti al centro del processo di apprendimento in percentuale minore, corrispondente al 14,1%.
Analizzando in modo specifico i curricoli si nota come l’italiano, la matematica, le scienze e l’inglese siano le discipline prevalenti in tutte le realtà educative. Inoltre, due realtà offrono l’opportunità di apprendere la lingua spagnola e, in tre casi il curricolo prevede regolarmente discipline e attività alternative come musica, arte, danza, yoga e progetti ortivi. In nessuna delle realtà è impartito l’insegnamento religioso.
Le figure educative perseguono gli obiettivi sopra citati adottando approcci pedagogici ispirati alla corrente dell’attivismo. Nello specifico, gli orientamenti pedagogici dichiarati dalle insegnanti sono: metodo Montessori, metodo Steiner, outdoor education e scuola senza zaino. Nella maggior parte dei casi le insegnanti riferiscono due o più metodi, sostenendo di non attenersi esclusivamente ad un unico orientamento pedagogico.
Tali approcci si rispecchiano solo in parte nell’attività di insegnamento dove le metodologie e le tecniche adottate con maggior frequenza sono di tipo affermativo (cinque casi). Seguono i metodi: interrogativo (tre casi), attivo (tre casi) e per scoperta (due casi).
Al di là dei singoli casi e delle metodologie d’insegnamento applicate, tutte le realtà rivolgono grande attenzione all’aspetto socio-relazionale e alla centralità del bambino. Entrambi questi elementi guidano l’azione educativa, contraddistinta da tempi lenti e distesi, lunghe pause dedicate a gioco, movimento e pratiche dialogiche, attività quest’ultime svolte quotidianamente in cinque dei casi osservati.
Il riferimento utilizzato per l’osservazione e la classificazione delle pratiche valutative è il framework proposto da Pellerey (2004), ovvero la prospettiva trifocale che considera le dimensioni soggettiva, oggettiva e intersoggettiva della valutazione.
La maggior parte delle figure educative (sei casi) dichiara di attuare una valutazione per l’apprendimento volta a sviluppare la capacità di riflessione dei bambini e ad orientare l’azione didattica.
Per quanto riguarda la dimensione soggettiva, riferita all’autovalutazione, lo strumento impiegato in cinque casi è la riflessione dei bambini rispetto alle prestazioni personali. Due dei casi osservati non ricorrono invece a nessuno strumento atto a promuovere il processo di autovalutazione.
La valutazione oggettiva avviene prevalentemente mediante osservazioni occasionali non sistematiche svolte in itinere (quattro casi). In tre dei casi osservati vengono somministrate prove di verifica ma, solamente in un caso i bambini sono consapevoli dell’intento valutativo di tali prove. In un unico caso la figura educativa redige un diario di bordo narrando il percorso formativo di ciascun bambino.
La valutazione tra pari, relativa alla dimensione intersoggettiva, risulta mancante in tutti progetti educativi. L’impiego costante di tecniche di dialogo e scambio tra pari non può essere considerata pratica co-valutativa, poiché, queste ultime non vengono realizzate in modo sistematico e non prevedono l’uso di strumenti ad hoc, ad esempio rubriche co-costruite.
Infine, un ultimo elemento inerente all’area valutativa si riferisce all’esame di idoneità. Tutti i bambini frequentanti le realtà osservate sostengono l’esame finale al termine dell’anno “scolastico”, svolto nella maggior parte dei casi presso un ente privato. Le prove sostenute presentano caratteristiche e modalità differenti che dipendono dall’istituto scelto. L’esame nella scuola pubblica consiste in prove scritte di italiano, matematica e inglese mentre negli istituti privati avviene mediante un’esposizione orale libera da parte dell’alunno o nella presentazione di un diario di bordo. Quest’ultima tipologia secondo alcune figure educative intervistate permette ai bambini di essere valutati per ciò che realmente sono e per il percorso affrontato durante l’anno, elemento che secondo il loro punto di vista non viene considerato nella scuola pubblica.
L’area strutturale ed ambientale rispecchia gli approcci e le idee educative presentati precedentemente (Sezione 3.1). I progetti si svolgono presso abitazioni o altri locali privati, tutti dotati di aree verdi dove i bambini trascorrono momenti di gioco e movimento. Ad esclusione di un solo caso, dove i bambini svolgono attività in un locale asettico e chiuso adibito generalmente a garage, gli ambienti interni sono accoglienti, confortevoli e curati.
Un elemento trasversale a tutti i casi è il setting predisposto per le attività didattiche: i tavoli e i banchi sono vicini ed insegnanti e bambini condividono gli stessi spazi. Sei casi presentano angoli destinati ad attività di lettura e rilassamento.
Un aspetto che accomuna tutti i casi è l’assenza totale di tecnologie. Non ci sono tablet, computer o lavagne interattive, si privilegiano piuttosto materiali naturali e non strutturati a cui i bambini hanno libero accesso (Figure 1 e 2).
Figura 1. Angolo libri di una realtà.
Figura 2. Aula con setting cooperativo.
I casi osservati sono gestiti mediamente da due figure educative che si occupano di insegnamento disciplinare e attività ludico-ricreative, spesso in collaborazione con esperti esterni.
Elemento caratterizzante della strutturazione della giornata è l’organizzazione del tempo. In media vengono destinate due ore giornaliere ad attività educative e disciplinari; il tempo rimanente (2 ore circa) viene dedicato ad attività di gioco, manuali e pratiche. In generale, si registra un alto livello di flessibilità da parte degli insegnanti nel modulare il ritmo delle attività in base alle esigenze e ai bisogni del singolo e del gruppo. Un altro aspetto relativo al tempo riguarda l’organizzazione settimanale: variano infatti anche il numero di giornate in cui si svolgono le attività. In cinque casi i bambini frequentano le realtà dal lunedì al venerdì, in due casi invece le attività vengono svolte rispettivamente per quattro e tre giorni settimanali.
Infine, un ultimo elemento inerente all’organizzazione delle attività, è la mancanza di co-progettazione da parte delle figure, attuata in un solo caso, mediante un collegio docenti settimanale. Nella maggior parte dei casi, invece, a ciascuna delle figure educative viene affidato un unico gruppo di bambini o un ambito disciplinare specifico. Questo elemento di individualità didattica si manifesta conseguentemente anche nell’assenza di una progettazione condivisa: le insegnanti progettano separatamente, condividono in modo informale l’operato durante il tempo scuola e, solo in caso di esigenze particolari, si confrontano con le colleghe.
Nell’area di raccordo e comunicazione con l’esterno sono state considerate le relazioni che i progetti parentali instaurano con famiglie, esperti esterni, territorio e istituzione scolastica.
In sei casi su sette si evidenzia una stretta collaborazione tra realtà e famiglie. La relazione tra le due agenzie educative si fonda su un dialogo costruttivo costante, caratterizzato da un alto livello di informalità, sentimento di fiducia e condivisione di problematiche e strategie di intervento comuni. Questa relazione, in due casi, è mediata da un pedagogista esterno con il quale vengono organizzati anche incontri di formazione.
Lo scambio quotidiano tra insegnanti e genitori rappresenta una, e spesso l’unica, forma di documentazione del processo di apprendimento e delle esperienze didattiche. Oltre ad un resoconto orale, i genitori hanno libero accesso alle strutture e ciò consente loro di osservare i prodotti delle attività svolte nel corso della giornata. Nessun insegnante, ad esclusione di un solo caso, afferma di redigere una documentazione scritta del percorso formativo del singolo bambino.
Il rapporto con il territorio avviene mediante uscite didattiche, partecipazione ad attività organizzate da enti pubblici come biblioteche o musei, scambio con esperti esterni ed esplorazione dell’ambiente naturale circostante. Nessuna delle realtà ha invece instaurato rapporti con altri progetti di istruzione parentale.
In merito alla relazione con l’istituzione pubblica, nessun progetto ha stabilito o sente l’esigenza di stabilire un rapporto dialogico e collaborativo con le scuole del territorio. Le idee contrastanti riferite alla valutazione, alla strutturazione della giornata e alla scelta delle attività didattiche rappresentano le principali cause di questa mancata relazione tra le due agenzie educative.
4. Discussione
L’analisi dei dati permette di delineare un profilo abbastanza omogeneo dell’istruzione parentale che, inevitabilmente, porta ad un confronto tra questa pratica educativa e la scuola pubblica o privata.
Una prima considerazione riguarda la struttura delle realtà, nessuna delle quali sarebbe riconducibile al modello di homeschooling impresso nell’immaginario collettivo. Nemmeno il caso della madre con i propri figli corrisponde all’homeschooling ”puro” per la presenza di bambini non appartenenti al nucleo famigliare. Questo elemento porta necessariamente a riflettere sulla nuova forma che l’istruzione parentale sta assumendo. Appare chiaro che il termine homeschooling non si riferisce più solo alle singole famiglie che realizzano in autonomia questa modalità di istruzione, ma diventa un termine più ampio che include diverse forme educative alternative alla scuola. A spiegare la diffusione dell’homeschooling comunitario potrebbero esserci motivazioni di carattere pratico come il minor impegno richiesto ai genitori e la possibilità di delegare la propria responsabilità sui figli ad altre figure. La scelta di queste famiglie non sembra legata tanto alla volontà di appropriarsi dell’istruzione dei figli quanto piuttosto al bisogno di trovare alternative alla scuola, elemento questo che potrebbe chiarire la comparsa di queste nuove realtà educative.
Gli approcci e i metodi privilegiati all’interno delle realtà parentali rappresentano un elemento chiave da cui derivano poi le scelte educative. L’ampia diffusione di correnti pedagogiche alternative a quella tradizionale confermerebbe quanto sostenuto da alcuni autori, secondo i quali, i sostenitori dell’istruzione parentale apprezzerebbero in modo particolare le pedagogie Montessori e Waldorf (Chistolini, 2008; Castoldi & Chiosso, 2017).
I genitori sarebbero spinti a ricercare questi principi educativi al di fuori dell’istituzione scolastica (statale e paritaria) sia per l’assetto tradizionale che tuttora caratterizza quest’ultima (Castoldi & Chiosso, 2017, p. 34) sia per la scarsa presenza nel territorio italiano di scuole statali alternative che, secondo censimenti recenti, rappresenterebbe solamente 1,6% del totale (Educazione Waldorf, 2013; Movimento Senza Zaino, 2024; Murray, 2024).
La mancanza di proposte educative alternative nella scuola pubblica potrebbe essere imputabile alla mancata formazione specifica degli insegnanti o alla difficoltà di trovare un accordo unanime tra il personale docente. Questi limiti non sarebbero invece presenti all’interno dei progetti parentali, fondati e gestiti da persone che, fin dal principio, sono accomunati dagli stessi ideali pedagogici.
I principi relativi alle correnti pedagogiche dichiarate dalle figure educative, tuttavia, secondo quanto osservato, non sarebbero applicati in modo ligio e costante in tutte le realtà. Tralasciando le lacune metodologiche, è comunque possibile porre l’attenzione su alcuni aspetti educativi caratteristici delle realtà parentali esplicitati di seguito.
Un primo elemento da considerare è la centralità assunta dal bambino all’interno del processo educativo percepibile nell’attenzione verso i bisogni del singolo, nel rispetto dei tempi dell’infanzia, nella disponibilità all’ascolto delle figure educative. All’interno dei progetti, attività ludica e movimento sono riconosciuti come bisogni fondamentali e, per tale motivo, ad essi viene dedicata buona parte della giornata. Queste attività, riconosciute come terreno fertile per lo sviluppo affettivo, sociale ed emotivo (Valentini & Gentili, 2021), stimolano il senso di auto-efficacia (Lu & Lien, 2020) e promuovono uno sviluppo psicofisico armonico (Latino et al., 2020). I tempi distesi dedicati al gioco libero confermerebbero l’importanza conferita da figure educative e genitori al benessere psicologico, emotivo e sociale. Questa esigenza potrebbe in parte scaturire dalla recente situazione pandemica che avrebbe impedito un normale sviluppo sociale dei bambini e delle bambine (Istituto Superiore di Sanità, 2022) e, in parte, da una generale mutazione di pensiero sui bisogni dell’infanzia. Dall’analisi dei dati, coloro che scelgono l’homeschooling attribuirebbero maggior importanza alle competenze di tipo personale e sociale piuttosto che alle conoscenze disciplinari. I progetti parentali, in questo senso, sembrerebbero in grado di soddisfare tali aspettative genitoriali, a differenza della scuola pubblica, privata e paritaria che, invece, concentrerebbe maggior parte dell’attenzione sull’acquisizione di contenuti disciplinari (Ouchen et al., 2022).
D’altro canto, il tempo dedicato ad attività prettamente didattiche presso le realtà parentali sembrerebbe limitato e questo elemento porta ad interrogarsi circa l’adeguatezza della preparazione dei bambini in ambito disciplinare. Tuttavia, in base a quanto affermato dalle figure educative il tempo dedicato alla didattica sarebbe più che sufficiente per l’apprendimento dei concetti, favorito dal numero ristretto di bambini all’interno dei gruppi che consentirebbe una maggiore personalizzazione didattica.
Il dibattito in merito alle metodologie e alle attività educative da privilegiare per lo sviluppo delle competenze fondamentali definite dal World Economic Forum (2015) apre ad una questione ampia e complessa, ovvero, quale sistema educativo sia più adatto per la formazione completa dell’individuo che garantisca una buona preparazione disciplinare, lo sviluppo socio-emotivo e il benessere della persona.
Come accennato precedentemente, il benessere psico-fisico assume un ruolo centrale nei progetti homeschooling e ciò emerge anche dagli ambienti confortevoli, curati e familiari. La predisposizione degli spazi risulterebbe in linea con le recenti indicazioni (OECD, 2008) secondo cui setting cooperativi e ambienti ricchi di stimoli risultano particolarmente efficaci. Nelle realtà parentali si utilizzano prevalentemente materiali naturali; mancano, invece, dispositivi tecnologici di qualsiasi tipo, scelta che appare in contrasto con le recenti linee guida relative alle competenze digitali e con le politiche lavorative che richiedono abilità tecnologiche sempre maggiori.
L’inclusione o meno delle tecnologie nei processi di apprendimento è un argomento molto dibattuto. Alcuni studi sostengono che gli strumenti tecnologici stimolino la creatività, rendano il processo di apprendimento dinamico e attivo, facilitino la personalizzazione e l’inclusione didattica (Di Palma & Fusco, 2022; Guaraldi & Nenzioni, 2023). Secondo altri autori, invece, la tecnologia non è indispensabile per il miglioramento dell’offerta formativa in quanto una didattica fondata sulle unplugged tasks favorirebbe comunque lo sviluppo della fantasia, del pensiero computazionale, l’alfabetizzazione dei nuovi media e abilità socio-emotive (Tsortanidou et al., 2023). Da un lato la tecnologia sembra avere un’influenza positiva sulle capacità mnemoniche ma un effetto negativo sul metodo di studio che pare più efficace negli studenti che ne fanno un uso limitato (2020). Nonostante la mancanza di studi longitudinali che dimostrino gli effetti del digitale sull’apprendimento (Vedechkina & Borgonovi, 2021) e l’ampio dibattito che impegna attualmente numerosi ricercatori del settore (Zappaterra, 2020), sembrerebbe evidente l’avversione aprioristica dell’homeschooling verso la tecnologia.
Sulla base di quanto descritto finora appare chiaro il tentativo di creare una realtà educativa guidata da valori e principi lontani dalla scuola tradizionale, dove pratiche didattiche, valutative, organizzativo-progettuali e relazionali presentano caratteristiche specifiche.
In merito alla valutazione è emersa, innanzitutto, una generale contrarietà delle insegnanti verso tale tematica. Le figure educative considerano la valutazione negativa per il processo di apprendimento. Esse criticano il sistema di voti e giudizi che tuttora identificano con il sistema pubblico, nonostante le modifiche apportate dal D.L. 62/2017 e dall’Ordinanza Ministeriale 172/2020.
All’interno dei percorsi parentali si privilegiano strumenti di valutazione come le riflessioni personali dei bambini e le osservazioni occasionali delle insegnanti. Quest’ultimo tipo di osservazione è lo strumento valutativo per eccellenza che, grazie al numero ridotto di bambini, viene ritenuta dalle figure educative in grado di cogliere diversi aspetti riguardanti l’apprendimento e lo sviluppo personale e sociale. D’altro canto, proprio per il suo carattere non sistematico ed occasionale, questa tipologia di osservazione presenterebbe un alto rischio di scarsa attendibilità (Amenta, 2008) e non risponderebbe ai criteri di qualità individuati da Trinchero (2017). Inoltre, data la scarsa varietà degli strumenti utilizzati e la mancata considerazione della dimensione intersoggettiva, la valutazione attuata risulta distante dall’ottica trifocale di Pellerey (2004).
Per quanto concerne la dimensione relazionale e progettuale appare carente la pratica di co-progettazione tra le figure educative, ma esiste comunque un’unione stretta tra quest’ultime e le famiglie. I genitori, infatti, pur delegando il proprio ruolo educativo a figure esterne, risultano saldamente inseriti nel progetto educativo. Ne consegue una sorta di patto di corresponsabilità fondato sulla fiducia reciproca e su una relazione di forte vicinanza che potremmo definire addirittura personale e amicale. Il forte coinvolgimento dei genitori all’interno dei progetti educativi evidenzia l’emergere di una nuova forma di genitorialità che Chinazzi (2020) definisce “intensiva”. Le famiglie sceglierebbero l’istruzione parentale per il desiderio di incrementare il controllo sulla salute psico-fisica e sull’apprendimento dei propri figli ed essere rese più partecipi del loro processo educativo (Chinazzi, 2020, p. 374). La scuola tradizionale, incapace di rispettare questa volontà di un maggior coinvolgimento delle famiglie, porterebbe i genitori a rivendicare questo diritto altrove, e l’homeschooling rappresenterebbe l’estremizzazione di tale rivendicazione (Chinazzi, 2020, p. 375).
La ricerca da parte delle famiglie di una relazione più umana e vicina alle figure educative, fondata sullo scambio giornaliero di informazioni che documentano il vissuto esperienziale del/la figlio/a, testimonierebbe la necessità di sentirsi parte attiva del percorso educativo. Questo elemento introduce la necessità di ripensare all’interazione tra figure educative e famiglie nella scuola tradizionale, al di là dei patti di corresponsabilità pur presenti nei nostri istituti, ma spesso ridotti a “relazione di facciata” o mero adempimento burocratico. La ricerca di un dialogo costante con le figure educative spingerebbe molte famiglie a cercare nuovi contesti scolastici per i loro figli.
Inoltre, la presenza di un pedagogista esterno, rafforzerebbe ulteriormente la relazione tra realtà parentale e genitori. Secondo recenti studi, anche negli Stati Uniti i progetti si avvarrebbero di pedagogiste o figure esperte di counseling per la risoluzione di problematiche personali e relazionali tra famiglie e alunni o per la modificazione delle modalità di conduzione delle lezioni (Contos & Trados, 2022). L’intervento pedagogico costituisce un’ulteriore conferma dell’attenzione verso lo sviluppo completo del bambino. Un’attenzione, quest’ultima, che sembrerebbe mancare nel sistema scolastico dove la consulenza pedagogica tuttora non è considerata ma che studi ritengono importante per migliorare il clima relazionale e di ascolto (Benetton, 2018).
Un ultimo accenno relativo all’aspetto relazionale è quello riferito allo scambio con il territorio, ulteriore elemento che differenzierebbe l’homeschooling dalla scuola convenzionale. I bambini delle realtà parentali beneficiano di uno scambio costante con l’ambiente esterno, facilitato dal numero ridotto dei gruppi e dalla mancanza di procedure formali richieste invece dall’istituzione pubblica per lo svolgimento di qualsiasi attività alternativa al di fuori dell’edificio scolastico.
5. Conclusioni, limiti e prospettive
Lo studio, seppur limitato ad un’area ristretta del territorio e pertanto non estendibile a tutto il Paese, ha permesso di prefigurare un primo profilo di istruzione parentale all’interno della Regione considerata. Emerge un quadro educativo e didattico che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non si discosta molto dai principi riportati nelle Indicazioni Nazionali (2012), nelle quali si afferma che: “Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che legano alla famiglia e agli ambiti sociali” (Indicazioni Nazionali, p. 5).
L’analisi di pratiche educative alternative permette di valutarne punti di forza e criticità così da avviare un confronto con l’attuale sistema scolastico.
Al di là di opinioni e giudizi personali però, è evidente la presenza di nuovi bisogni formativi a cui le famiglie tentano di rispondere attraverso la fondazione o la ricerca di realtà educative alternative.
Solo la conoscenza reciproca e un dialogo aperto potrebbero superare i pregiudizi attualmente presenti rispetto a queste realtà. La scuola pubblica è pronta a farlo? Sta tenendo conto di nuovi bisogni formativi? L’auspicio della Commissione Unesco (2023) sarebbe proprio quello di instaurare una collaborazione a livello globale tra tutti coloro che operano in ambito educativo per definire un accordo comune per l’educazione delle generazioni future.
Attraverso questa ricerca esplorativa si è provato a delineare il fenomeno homeschooling in una zona del Paese con lo scopo di conoscere e descrivere le proposte educative da un punto di vista pedagogico-didattico.
L’impianto etnografico e gli strumenti osservativi utilizzati hanno permesso di cogliere aspetti generali relativi alle dimensioni e alle aree che definiscono un sistema educativo.
Tuttavia, l’analisi dei dati permette di individuare alcuni limiti dello studio dai quali scaturiscono nuove domande e possibili sviluppi.
La generalità dello studio permette di avere una visione d’insieme sul fenomeno, ma al tempo stesso riduce la conoscenza approfondita di ciascuna area considerata. Ulteriori limitazioni si riferiscono al campionamento non probabilistico e all’osservazione partecipante che potrebbe aver influito sull’azione di bambini e figure educative. Inoltre, la carenza di studi precedenti riferiti al contesto italiano non permette di confermare o confutare i dati raccolti.
Alcuni obiettivi di ricerca futuri potrebbero includere la replicazione dello studio, estesa anche ad altre aree del Paese, un’analisi approfondita di ciascuna tematica trattata, studi longitudinali sulle competenze maturate dai bambini homeschooler e sul loro stato di benessere psico-fisico. Potrebbero rivelarsi altrettanto interessanti studi comparativi tra bambini homeschooler e bambini che frequentano scuole pubbliche o paritarie considerando tutti gli aspetti della persona o, ancora, la realizzazione di sperimentazioni sulle possibili modalità da impiegare per favorire il dialogo tra le realtà di istruzione parentale e le istituzioni scolastiche.
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