Sports practice as an educational process in developmental age: Educational models and practices for the transition from play to sport
Pratica sportiva a processo educativo in età evolutive: Modelli e pratiche educative per la transizione dal gioco allo sport
Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali, Università degli studi di Cagliari (Cagliari, Italy) – sabrina.annoscia@unifg.it
https://orcid.org/0009-0004-7178-3644
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento (Lecce, Italy); Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università di Verona (Verona, Italy) – sara.ladiana@unisalento.it
https://orcid.org/0009-0006-9760-352X
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento (Lecce, Italy) – dario.colella@unisalento.it
https://orcid.org/0000-0002-8676-4540
The practice of sporting activities holds significant relevance within the educational process of each individual. Sport Pedagogy (SP) occurs in a variety of contexts, including schools, sports associations, and families. It encompasses physical education, teaching-learning process analysis, sports training studies, and sports policies. The aim of this contribution is to present the relationships between SP and Physical Literacy (PL) as prerequisites for methodological interventions that promote the transition from play to sport. Variation in teaching styles promotes different learning modes and non-linear teaching in learners through the proposal of open, transferable, and person-adapted tasks. PL through play fosters long-term physical activity participation and facilitates the transition from play to sport, provided it is well-supported methodologically. The Long Term Athletic Development (LTAD) model is also presented, emphasizing the fundamental role of the methodological approach.
La pratica di attività sportiva assume un significato rilevante all’interno del processo educativo di ogni individuo. La Sport Pedagogy (SP) si realizza in una varietà di contesti, tra cui la scuola, l’associazione sportiva, la famiglia e comprende l’educazione fisica, l’analisi del processo d’insegnamento-apprendimento, gli studi sull’allenamento sportivo e le politiche dello sport. Obiettivo del seguente contributo è presentare i rapporti tra SP e Physical Literacy (PL), quali presupposti degli interventi metodologici che promuovono le fasi di transizioni dal gioco allo sport. La variazione degli stili d’insegnamento promuove negli allievi differenti modalità di apprendimento ed una didattica non-lineare attraverso la proposta di compiti aperti, trasferibili e adattati alla persona. La PL attraverso il gioco promuove la partecipazione all’attività fisica a lungo termine e la transizione dal gioco allo sport, purché ben sostenuta metodologicamente. Si presenta il modello Long Term Athletic Development (LTAD) in cui è fondamentale l’approccio metodologico.
Sport Pedagogy, Physical Literacy, Play and PlaySports
Sport Pedagogy, Alfabetizzazione motoria, Gioco e Giocosport
L’articolo è il risultato di un progetto condiviso tra gli Autori, che indicano le seguenti attribuzioni: Sezione 1 (S. Annoscia); Sezione 2 (S. Annoscia); Sezione 3 (D. Colella); Sezione 4 (S. Ladiana), Sezione 5 (S. Annoscia; D. Colella; S. Ladiana).
The Authors declare no conflicts of interest.
April 7, 2024
July 28, 2024
La Commissione delle Comunità Europee (2007) ha sottolineato l’importante ruolo sociale dello Sport, definendolo come “una sfera dell’attività umana che interessa in modo particolare i cittadini dell’Unione Europea e ha il potenziale enorme di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall’età o dall’origine sociale”.
L’influenza dell’attività sportiva sugli stili di vita, sui modi di pensare e sulle convinzioni delle persone (Cagical, 1984) riconosce allo sport un ruolo fondamentale all’interno del processo educativo, in grado di generare benefici e agire significativamente sui domini motorio, cognitivo, affettivo e sociale e sulle loro interconnessioni (Bailey, 2009). Infatti, come sostenuto da Isidori (2009), gli obiettivi e le finalità dell’attività sportiva trovano una profonda radice formativa. In accordo con l’articolo 33 della Costituzione Italiana “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”, la pratica sportiva costituisce, pertanto, una modalità attraverso cui perseguire finalità e obiettivi pedagogici.
La potenzialità della pratica sportiva come strumento educativo fornisce, altresì, un importante contributo allo sviluppo morale degli allievi (Reid, 2012), in termini di onestà, equità, giustizia e imparzialità all’interno del contesto dinamico e stimolante della pratica sportiva, contribuendo alla formazione globale dell’individuo.
L’azione pedagogica svolta da allenatori e insegnanti richiede un approccio interdisciplinare che garantisca la centralità degli allievi durante il processo di apprendimento; le figure professionali, che operano nell’ambito della pratica motorio-sportiva, hanno una forte responsabilità di mediazione formativa-educativa nei confronti degli allievi (Bailey, 2009).
Lo sfondo di riferimento è quello della Sport Pedagogy (SP) la cui origine risale al Diciannovesimo secolo e trova le radici nel dibattito sull’insegnamento e sulle pratiche dell’educazione fisica come ginnastica, esercizio e riabilitazione, giochi e sport (ICSSPE, 2013).
Il termine “Pedagogia dello Sport” fu evidenziato per la prima volta nel 1925 da Pierre de Coubertin all’interno del suo libro “Pédagogie Sportive”, in cui l’educazione fisica era intesa come “costruzione del carattere” attraverso i Principi Olimpici, spesso tradotti come “educazione sportiva”.
La SP è un termine multidimensionale che rappresenta il complesso processo di insegnamento-apprendimento nell’educazione fisica e nello sport giovanile. La SP è interessata ai modi in cui i bambini e i giovani possono essere supportati nell’apprendimento di competenze specifiche dello sport e, soprattutto, a come tale apprendimento possa garantire loro benefici a livello personale e sociale (Armour, 2011).
Secondo la position statement dell’AIESEP (2012), la SP si configura come una sotto-disciplina accademica nel campo delle Scienze Motorie e Sportive, della Chinesiologia e degli Studi sul Movimento Umano, che si sviluppa dall’intersezione pedagogica tra diversi ambiti scientifici, affiancandosi a discipline più consolidate come la Fisiologia, l’Esercizio Fisico e la Biomeccanica dello Sport. La SP pone l’attenzione sulla comprensione, l’informazione e lo sviluppo dei presupposti teorici, sulla pratica e sul metodo didattico nello sport, nell’esercizio fisico, nell’attività fisica e nell’educazione fisica.
La centralità di questa disciplina è, quindi, costituita da problematiche pedagogiche interdisciplinari (Scherler,1992; ISIDORI,2009; ICCSPE 2013):
1. La storia dell’Educazione fisica;
2. Problematiche metodologiche legate all’insegnamento dell’attività sportiva;
3. La Pedagogia comparata dello sport, compresi gli aspetti interculturali inerenti all’educazione fisica;
4. Relazioni tra la corporeità e le attività motorie e sportive;
5. L’introduzione dello sport nelle scuole in termini di opportunità ampliate per la pratica dell’educazione fisica e delle “scuola attive”;
6. Contesti extra-curriculari, comprese le possibilità occupazionali nei settori commerciali per il tempo libero e il fitness. Tra i temi di ricerca principali troviamo, quindi, il curriculum in un determinato ambito e periodo storico, politico, economico e sociale; il confronto culturale tra educazione fisica e sport; il tema della diversità, inclusione ed esclusione nello sport; l’interesse nei confronti della de-motivazione dei giovani e l’impegno attraverso lo sport; la pedagogia delle attività motorie e sportive health-oriented; i diritti del bambino e della gioventù nello sport; la Physical Education e lo sport intesi come apprendimento formale, informale e non formale; l’innovazione nell’educazione attraverso lo sport e lo sviluppo professionale per insegnanti e allenatori.
Haag (1989), a tal proposito, definisce la SP come la descrizione del campo di ricerca teorica o sub-disciplina delle scienze dello sport che si occupa degli aspetti educativi dell’attività fisica: sport, gioco, giochi sportivi, danza, ecc. Pièron (1993) ritiene che la SP fornisca un supporto ai professionisti che agiscono nei diversi contesti nell’ambito dello sport e dell’attività fisica (scuola, sport extracurriculare, ecc.) concentrandosi sugli Attori (insegnanti e allievi) e sui contenuti dei programmi, al fine di migliorare i risultati del processo educativo (Pièron, 1993).
Secondo Cagical (1984), la SP possiede al suo interno diversi sotto-temi che è possibile declinare nel modo seguente:
a) l’insegnamento delle tecniche sportive e le relative metodologie;
b) la valutazione degli apprendimenti;
c) l’analisi dei risultati tecnico-sportivi;
d) l’applicazione dei metodi di insegnamento-apprendimento ed anche l’applicazione delle ricerche in ambito biomedico e nelle scienze dell’educazione correlate, l’applicazione di diverse conoscenze scientifiche orientate a conseguire il migliore risultato sportivo;
e) lo studio degli eventuali transfert da un apprendimento all’altro, quello dei transfert sul miglioramento della condizione fisica, delle capacità motorie, dell’adattamento allo sforzo attraverso gli apprendimenti tecnico-sportivi, non solo per la prestazione sportiva concreta, ma per lo sviluppo della physical fitness nelle diverse età;
f) lo studio del miglioramento tecnico-sportivo e le ricadute sullo sviluppo delle altre aree della persona (capacità cognitive, affettività, fiducia in sé stessi, relazioni sociali, canalizzazione dell’aggressività, ecc..) che sono temi precipui di altre scienze come la psicologia, la sociologia dello sport, ecc.
Seppur variegata, questa interpretazione non definisce bene la duplice valenza della SP, caratterizzata da due direzioni di sviluppo distinte ma complementari.
La prima è quella orientata al rendimento sportivo (e quindi al prodotto/prestazione) che coinvolge variabili concrete e la misurazione dei risultati; la seconda si riferisce alla crescita della persona che restituisce meno dati scientifici ma coinvolge aspetti biologici, psicologici, sociali e tiene conto anche della trasferibilità dei comportamenti sportivi agli altri ambiti della vita (Cagical, 1990).
La natura interdisciplinare della “Sport (and Exercise) Pedagogy” interconnette gli ambiti sportivi, l’esercizio fisico, l’attività fisica, l’insegnamento-apprendimento e i riferimenti scientifici sottesi e correlati nella pratica (Armour, 2011).
In questa direzione, Armour (2011) e l’European Educational Research Association (2019) riconosce alla disciplina tre dimensioni fondamentali che costituiscono la base degli indirizzi di ricerca:
a) La conoscenza nel contesto: intesa come conoscenza dei contesti educativi, luoghi e ambienti in cui si realizza l’educazione fisica e lo sport intesi come l’adattamento alla persona della pratica sportiva; il processo didattico rinvia a fattori ambientali, normativi, organizzativi, socio-culturali che devono essere analizzati e compresi;
b) Gli studenti e l’apprendimento, riferito ai partecipanti alla pratica motoria e sportiva, sia nei programmi di educazione fisica a scuola o attraverso attività sportive e ricreative nell’extra scuola. Al centro di SP, quindi, c’è la necessità di apprendere le basi interdisciplinari per comprendere i bisogni dei diversi allievi;
c) Insegnanti / insegnamento e allenatori / coaching: lo sviluppo di un’efficace formazione professionale permanente per gli insegnanti e gli allenatori è un processo fondamentale verso la proposta di esperienze sportive positive per i soggetti con differenti bisogni educativi.
Oggi la SP, pertanto, è considerata un complesso corpus doctrinae, afferente a diversi ambiti scientifico-disciplinari che non è limitato alle problematiche sportive né è legato solo all’educazione fisica scolastica, ma si estende all’organizzazione dell’attività fisica e dello sport in tutte le fasce d’età (ICSSPE,2013).
Concentrandosi sull’apprendimento attraverso l’attività fisica e sportiva in diversi contesti (scuola, la comunità e l’associazione sportiva, la famiglia), secondo la European Educational Research Association - EERA (2019) il campo d’interesse della SP comprende, dunque, l’educazione fisica, le ricerche e gli studi sull’allenamento sportivo, senza tralasciare gli aspetti rilevanti della politica sportiva (https://eera-ecer.de/networks/18-research-in-sport-pedagogy).
Come precedentemente evidenziato, la SP si configura come una disciplina il cui interesse riguarda numerosi aspetti educativi, legati all’educazione fisica, all’attività fisica e alla pratica sportiva.
Un modello multidimensionale che sottolinea la natura educativa dell’attività fisica (e dello sport), considerandola come acceleratore di processi per lo sviluppo fisico, cognitivo, emotivo-relazionale e sociale è quello della Physical Literacy (PL).
Esistono diverse definizioni e interpretazioni di PL:
· Una definizione di PL evidenzia il coinvolgimento di funzioni diverse della persona nell’attività fisica: cognitive, emotivo-affettive, sociali ed organiche tra loro interconnesse. Il termine corrisponde a quello di competenza motoria ricorrente nelle Indicazioni Nazionali (MIUR, 2012).
· In relazione alle capacità di ciascun individuo, la PL può essere descritta come la motivazione, la fiducia, la competenza motoria, la conoscenza e la comprensione necessarie per svolgere attività fisica durante tutto il corso della vita (Whitehead, 2010).
· Secondo l’UNESCO (2015), la PL indica la motivazione, la fiducia, la competenza motoria, la conoscenza e la comprensione per svolgere l’attività fisica per tutta la vita e si riferisce alle competenze necessarie per acquisire, comprendere e utilizzare le informazioni utili alla promozione della salute (UNESCO, 2015);
· Secondo l’Australian Sports Commission (Keegan et al. 2019), PL è l’apprendimento permanente che mobilita le abilità, conoscenze, atteggiamenti, sulla base delle personali capacità dell’individuo, acquisito e applicato nei contesti dell’attività fisica… una persona fisicamente alfabetizzata è in grado di attingere alle proprie risorse, capacità motorie, psicologiche, cognitive e sociali interconnesse per svolgere attività fisica orientata alla salute - in relazione ai rispettivi bisogni ed al contesto – per tutta la durata della vita.
Nonostante alcuni elementi di convergenza, il pluralismo delle definizioni sopra illustrate mostra che, a livello internazionale, non c’è ancora piena condivisione (Martins et al.,2020; Krenz et al., 2022). La definizione più ricorrente in letteratura definisce la PL come un processo educativo che coinvolge le diverse aree della persona, cognitiva, emotiva; organico-motoria, sociale e le loro interconnessioni, identificandosi come un gateway per la partecipazione all’attività fisica nelle diverse età e nei diversi contesti (Whitehead, 2001; 2013);
Lo studio di Martins et al. (2020) ha evidenziato la diversità delle prospettive riferite ai contesti (Sport, Scuola, Tempo libero e Sanità pubblica) e le relative modalità organizzative.
Emerge un concetto complesso ed in evoluzione di PL che è definito, interpretato e tradotto in varie modalità di attuazione in tutto il mondo e nei diversi settori.
Alcuni dei fattori presenti nella PL riguardano:
a) Le funzioni motorie (abilità motorie di base ed i rapporti con le capacità motorie correlate);
b) I fattori psicologici (motivazione, self-perception; enjoyment);
c) I fattori cognitivi sottesi alla motricità (percezione-coordinazione motoria);
d) I fattori comportamentali e sociali (interazione con gli altri);
e) L’adattamento e l’interazione nei contesti socio-culturali;
f) L’educazione all’attività motoria permanente (long life education).
La SP è, contestualmente, l’ambito scientifico antecedente e conseguente alla PL.
La SP è interconnessa alla PL di cui costituisce, cioè, i presupposti e fornisce gli indirizzi pedagogici e didattici, attraverso l’interesse condiviso verso il processo educativo di individui consapevoli e competenti riguardo la promozione della salute attraverso l’attività fisica nelle diverse età.
In aggiunta, l’interesse della SP per le metodologie di insegnamento si allinea con la necessità di considerare le modalità di comunicazione dei contenuti disciplinari della PL a scuola, in palestra e in altri spazi-ambienti educativi.
Al fine di predisporre contesti favorevoli all’insegnamento-apprendimento delle competenze motorie, infatti, occorre che l’insegnante selezioni non solo compiti motori (esecuzioni motorie con/senza attrezzi, secondo diversi livelli di difficoltà) e modalità organizzative (giochi, percorsi, circuiti, staffette, ecc.) ma anche le modalità con cui presentare gli scenari più adeguati a sollecitare i fattori motivazionali degli allievi e l’acquisizione di conoscenze-abilità e dei fattori correlati funzionali alle competenze motorie (Armour, 2011).
La PL, al di là delle sfumature semantiche e linguistiche, orienta la didattica per competenze motorie che richiede stili e strategie d’insegnamento differenti e complementari con cui proporre contenuti teorici e pratici, sviluppare i diversi fattori della competenza motoria, agganciando l’insegnamento delle conoscenze alla dimensione operativa caratterizzante le attività pratiche.
Tra i contenuti e gli ambiti irrinunciabili della SP si attua l’applicazione della PL nel cui ambito un tema essenziale e caratterizzante è costituito dal Gioco poiché rappresenta, ad un tempo, ambito, contenuto, modalità organizzativa delle attività motorie quotidiane, dell’educazione fisica e dello sport extra-curriculare, raccordo interdisciplinare e trasversale, misura di contrasto alla sedentarietà e di promozione della salute.
In questa sede ci soffermeremo sui legàmi del gioco con la SP e sulla transizione dal gioco allo sport, attraverso le metodologie d’insegnamento.
Il diritto al gioco e al tempo libero rappresenta una prerogativa prevista dalla convenzione sui diritti dell’infanzia ed è, infatti, anche uno di quelli più qualificanti. Come stabilito dall’art. 31 della convenzione, gli stati devono riconoscere il diritto ad attività ricreative proprie dell’età del minore.
In questa sede ci soffermeremo sui legàmi del gioco con la SP e sulla transizione dal gioco allo sport, attraverso le metodologie d’insegnamento.
Il diritto al gioco e al tempo libero rappresenta una prerogativa prevista dalla convenzione sui diritti dell’infanzia ed è, infatti, anche uno di quelli più qualificanti. Come stabilito dall’art. 31 della convenzione, gli stati devono riconoscere il diritto ad attività ricreative proprie dell’età del minore.
Il gioco è uno tra i temi che hanno ottenuto, nel corso degli anni, il maggior numero (e varietà) di riconoscimenti in termini di studi e ricerche nei diversi ambiti disciplinari ma bisogna riconoscere che meriterebbe ulteriori approfondimenti ed aggiornamenti, in particolare riferiti agli aspetti sociali, ai rapporti con le tecnologie, con l’attività fisica adattata alle differenze individuali, con la proposta del gioco nei diversi contesti educativi.
In altri termini, proprio nel momento in cui ci sarebbe stato maggiore bisogno di riflessione teorica e ricerca didattica (soprattutto per arricchire l’epistemologia disciplinare dell’educazione fisica), il tema è stato mimetizzato insieme ad altri, non sempre di pari dignità formativa, assumendo una posizione marginale, di sfondo, di contorno. Identificato come un fenomeno pervasivo nella vita del bambino, il gioco rappresenta un ambito d’intervento interdisciplinare e trasversale nei diversi contesti formativi, ma talvolta poco chiaro sul piano metodologico, in particolare nel passaggio dal gioco allo sport (Gallahue & Cleland, 2003).
Attraverso le diverse modalità organizzative del gioco (a coppie, di gruppo, di squadra) è possibile promuovere la PL nei bambini, agendo con una finalità educativa che permette la promozione della salute e l’apprendimento delle abilità, delle conoscenze, e dei comportamenti responsabili per l’acquisizione e la prosecuzione degli stili di vita fisicamente attivi in età adulta (Hulteen et al.,2018; Cairney et al.,2019).
Attraverso il gioco, i bambini strutturano le basi, le matrici, su cui costruire il proprio repertorio di competenze motorie. Numerose e diverse esperienze ludico-motorie offrono l’opportunità di apprendere ulteriori abilità motorie e sviluppare capacità motorie, esprimendo un rapporto circolare e permanente (Gallahue & Cleland, 2003; Hulteen et al.,2018).
La pratica del gioco, indipendentemente dalle modalità organizzative, supera gli approcci didattici rigidi e standardizzati, spesso proposti dagli adulti, determinando il divertimento, la creatività, la risoluzione dei problemi, attraverso la partecipazione spontanea degli allievi:
1. Il Gioco è un’esperienza corporeo-motoria destrutturata e vissuta in modo spontaneo, creativo, divertente ed inclusivo ed ha una funzione di mediazione per lo sviluppo motorio, cognitivo emotivo-affettivo e sociale del bambino;
2. La transizione dal Gioco allo Sport è un processo educativo guidato dall’insegnante e sostenuto dalla variazione e l’interazione degli stili d’insegnamento, al fine di promuovere differenti modalità di apprendimento e competenze motorie trasferibili;
3. Il gioco svolto in contesti diversi (formali e non-formali), attraverso la variabilità della pratica, promuove apprendimenti non-lineari che contribuiscono a sviluppare relazioni significative tra processi cognitivi, motori e sociali (Staccioli, 2006; Cambi et al., 2007; Pesce, 2016; Chow & Atencio, 2014). Le diverse tipologie di gioco e modalità organizzative sono variabili e complementari. Ciascun gioco contiene, in misura diversa ed in rapporti variabili e soggettivi, gli aspetti simbolici, imitativi, creativi, normativi, agonistici. I molteplici bisogni del bambino confluiscono nel gioco, un’attività complessa che si struttura secondo modalità diverse (i vari tipi di gioco) e rispondenti alle esigenze dell’età, del sesso, delle consuetudini del gruppo di riferimento, dello status socio-economico.
Queste forme di partecipazione spontanea promuovono l’inclusione socio-culturale e la valorizzazione delle differenze individuali (Gray, 2015; Digennaro, 2019).
Il gioco motorio, pertanto, sollecita i rapporti interdipendenti tra le funzioni cognitive, organico-motorie e socio-affettive della persona. Il riferimento alla PL è immediato. Per promuovere i processi mentali sottesi all’apprendimento, sviluppare la creatività, la risoluzione dei problemi e la cooperazione (Yogman et al., 2018) è necessario proporre giochi ben sostenuti metodologicamente.
Le esperienze corporeo-motorie vissute attraverso il gioco, promuovono profonde interconnessioni mente-corpo (Berthoz, 2003) e diverse modalità di apprendimento. Tra i benefici legati al gioco si evidenziano a) il miglioramento delle capacità cognitive, linguistiche e matematiche in età precoce; b) lo sviluppo sociale, migliorando le interazioni con i coetanei e c) il miglioramento della coordinazione motoria (Yogman et al., 2018).
Attraverso il gioco l’allievo ha la possibilità di apprendere le abilità motorie grazie all’esecuzione delle varianti esecutive presenti e ricorrenti (Gallahue et al., 2012; Barnett et al., 2016; Hulteen et al.,2018; Pesce et al.,2019), considerate le matrici degli apprendimenti e le tappe dello sviluppo motorio che consentono di interagire con l’ambiente esterno (Nesbitt & Bullard,2021).
Attraverso l’acquisizione da parte dell’allievo di un ampio repertorio quantitativo e qualitativo di abilità motorie e varianti esecutive, dei significati delle regole, del rispetto dei ruoli e del confronto interpersonale, potrà realizzarsi la transizione dal gioco destrutturato al gioco strutturato ed alla pratica di vari sport. La scelta dell’indirizzo metodologico è fondamentale. Tale transizione condiziona e caratterizza le tappe dello sviluppo cognitivo-motorio, emotivo, sociale del bambino e del giovane.
Organizzando i contenuti pratici attraverso precise metodologie didattiche, infatti, il gioco strutturato può fornire opportunità di interconnessione dell’area cognitivo-motoria e sociale (Cotè et al., 2003).
Le metodologie d’insegnamento consentono il passaggio dal gioco allo sport, la comprensione dei significati di un’esperienza vissuta attraverso il corpo e l’attività motoria.
Nelle indicazioni nazionali (MIUR, 2012) il giocosport è contenuto all’interno di un nucleo tematico che considera il gioco, lo sport, le regole e il fair play, come un processo educativo che si sviluppa in un arco temporale che ha inizio nella scuola primaria e prosegue durante la preadolescenza, nei diversi contesti, durante le prime esperienze sportive.
Attraverso il giocosport è possibile:
a) Promuovere l’apprendimento di matrici delle abilità motorie che potranno evolversi attraverso proposte via via più strutturate attraverso l’interazione di differenti stili d’insegnamento (Mosston & Ashworth, 2008);
b) Favorire l’apprendimento di un ampio repertorio individuale di abilità motorie;
c) Sviluppare l’esperienza motoria in forma ludica, variata, partecipata;
d) Favorire lo svolgimento di attività gradualmente più strutturate-organizzate (giochi di gruppo e di squadra, sport individuali, danza, attività espressive, attività in contesti diversi);
e) Promuovere l’alfabetizzazione emotiva attraverso feconde relazioni interpersonali orientate al rispetto della regola, delle differenze di genere, della conoscenza e valorizzazione delle differenze individuali, interculturali, religiose.
Il giocosport rappresenta un’opportunità concreta per sperimentare abilità motorie, conoscere ed applicare nuove regole, sperimentare modalità diverse per la scoperta guidata di nuove modalità esecutive, uso di attrezzi, utilizzo di spazi, risoluzione dei problemi motori attraverso risposte originali, inusuali, creative, oppure attese e predefinite dall’insegnante.
Un ramo della SP riguarda il processo di insegnamento-apprendimento tra insegnante/allenatore ed allievi. La PL, intesa anche come via di transito per la pratica sportiva scolastica ed extrascolastica, richiede l’interazione di diversi stili e strategie d’insegnamento (Mosston & Ashworth, 2008), che guidano il processo educativo e promuovono il passaggio dal gioco allo sport adattandolo alle motivazioni della persona.
È attraverso la variazione, l’interazione e l’adattamento degli stili d’insegnamento che è possibile promuovere differenti modalità di apprendimento (Colella, 2019), modulare le proposte motorie sul piano quantitativo e qualitativo, sostenere l’apprendimento delle competenze motorie (abilità motorie, significati e conoscenze sottesi e correlati, atteggiamenti nei diversi contesti).
La ricerca nell’ambito delle modalità organizzative dei contenuti deve procedere di pari passo con la scelta delle modalità d’interazione insegnante-allievo/allievi e necessita la riconsiderazione della comunicazione educativa, interrogandosi non solo su quali contenuti proporre ma anche come farlo per garantire un insegnamento di qualità.
In tal modo è possibile superare ed ampliare le modalità tradizionali di realizzare il processo formativo in educazione fisica (Byra, 2018) e nello sport.
Come procedere?
In particolare, l’interazione e la variazione degli stili d’insegnamento, all’interno della stessa lezione, dell’unità di apprendimento e del curricolo, favorisce differenti modalità di apprendimento delle competenze motorie per ogni allievo (Byra, 2018; Colella, 2019).
La proposta di un compito motorio attraverso gli stili di produzione (Mosston &Asworth,2008) si traduce in apprendimenti non-lineari, trasferibili, aperti e personalizzati (Chow, 2013), favorendo l’acquisizione di un ampio repertorio motorio, necessario alla transizione dal gioco allo sport.
La didattica non-lineare è stata sviluppata e strutturata sulla base di un approccio all’apprendimento motorio dinamico-ecologico (Newell, 1986; Magill, 2014).
Al centro di questo quadro pedagogico c’è l’apprendimento esplorativo, con un’enfasi sulla sperimentazione di soluzioni motorie inusuali e sull’incoraggiamento di risposte motorie personali e creative. Da questa prospettiva, fornire ai bambini la libertà di esplorare un ambiente di apprendimento (libera esplorazione), intenzionalmente progettato (scenario didattico predefinito dall’insegnante), sperimentare modalità esecutive, condurrà alla proposta di compiti motori secondo vincoli spazio-temporali, quantitativi-qualitativi, variabili, che solleciteranno l’esecuzione di risposte motorie non standardizzate e sequenziali (scoperta guidata; problem solving).
Conseguentemente, la didattica non-lineare coinvolge un approccio all’educazione fisica incentrato sul bambino in cui gli insegnanti orientano l’apprendimento modificando sistematicamente i vincoli del compito motorio per promuovere la formazione sinergica di abilità motorie attraverso l’interconnessione delle varianti esecutive che saranno funzionali al compito da svolgere (Chow, 2012;2014).
Un aspetto essenziale di tale approccio è quello di non vincolare eccessivamente l’esecuzione di un compito e la successione delle difficoltà; infatti, la variazione delle attrezzature o delle regole di un gioco, la modifica degli spazi operative, sono preferibili rispetto alla proposta di istruzioni dirette riferite all’esecuzione motoria standard.
Per gli insegnanti che offrono un approccio pedagogico-didattico non-lineare, le abilità motorie dovrebbero essere praticate in ambienti significativi di apprendimento in cui la percezione e l’azione non sono interrotte. Ciò significa che le attività di apprendimento dovrebbero svolgersi in contesti in cui è predisposta la variabilità della pratica ed in cui le abilità da apprendere possono essere sperimentate, eseguite, acquisite e trasferite.
Al contrario, la didattica lineare è caratterizzata da un approccio all’educazione fisica e sportiva incentrato sull’insegnante, poiché (a) i bambini dovrebbero apprendere i modelli esecutivi per ciascuna abilità motoria cui tutti gli allievi dovrebbero adeguarsi (adeguarsi ad un modello predefinito da altri); (b) le abilità motorie dovrebbero essere declinate e suddivise in movimenti di base e più semplici per facilitare l’apprendimento; (c) la variabilità delle sequenze motorie, all’interno di un compito, è considerata un fattore limitante per l’apprendimento e pertanto dovrebbe essere ridotta; (d) gli insegnanti nell’apprendimento precoce, cioè inziale, dovrebbero incoraggiare una focalizzazione interna dell’attenzione nei bambini che stanno eseguendo abilità per ridurre il carico cognitivo, mentre, man mano che i bambini diventano esperti nell’abilità, gli insegnanti incoraggiano un’attenzione esterna di focalizzazione (Pesce, 2002; Chow, 2013).
Con approcci didattici lineari-sequenziali guidati dall’insegnante, l’apprendimento e lo sviluppo di una prestazione sportiva può svolgersi in tempi rapidi, portando a prime convinzioni di successo che dovrebbero aumentare la percezione di competenza personale.
La non-linearità generata dall’interazione degli stili d’insegnamento è in grado di arricchire il processo educativo, sollecitando operazioni cognitive (e metacognitive), consentendo, cioè, riflessione e azione creativa.
Variando gli stili di insegnamento, pertanto, è possibile proporre sia sequenze di abilità motorie, azioni tattiche sia proposte motorie aperte che consentano di generare e sollecitare risposte diverse nell’allievo, fornendo le matrici generative delle abilità motorie e degli atteggiamenti di successo. In questa direzione, personalizzando l’azione didattica attraverso la variazione degli stili di insegnamento, di riproduzione e di produzione, sono sollecitate modalità di apprendimento differenti e personalizzate (Monacis et al.2024).
Oltremodo interessante e in linea con quanto espresso qui precedentemente, l’approccio Multi-Teaching (Invernizzi & Scurati, 2019) che consente, attraverso l’interazione variabile degli stili d’insegnamento di sperimentare e strutturare alcuni pattern motori essenziali - PME - trasferibili e applicabili in diversi contesti scolastici, sportivi, ricreativi (pattern motori applicati - PMA).
La transizione dal gioco allo sport richiede un processo educativo che coinvolge la persona nella sua globalità, in cui assumono particolare rilievo, quindi, non solo la scelta dei compiti ma soprattutto le metodologie di insegnamento, come precedentemente espresso.
In particolare, il passaggio dal gioco destrutturato e, via via, alla pratica sportiva strutturata e regolamentata deve essere sostenuto dalla scelta e dall’interazione degli stili d’insegnamento, al fine di favorire le interconnessioni reciproche tra funzioni motorie, cognitive, emotive e sociali che accompagnano e sostengono l’evoluzione delle esperienze motorie e sportive (Pill et al., 2023).
In altri termini, i rapporti sistematici tra stili di produzione, scoperta guidata, problem solving e di riproduzione, autoverifica, reciprocità ed inclusione, costituiscono il tessuto connettivo su cui si strutturano i contenuti dell’insegnamento progressivamente diversificati.
Pertanto, sul piano pedagogico ed organizzativo non saranno unicamente le finestre cronologiche a definire le tappe del processo di accompagnamento alla pratica sportiva ma costituiscono principi ineludibili la variabilità e l’adattamento del compito motorio (Pesce et al., 2016) sostenute metodologicamente per assicurare motivazione, divertimento e percezione di competenza dell’allievo (De Meester et al., 2020).
Un interessante riferimento è il paradigma delle 3P (Performance, Participation, Personal development), descritto da Côté & Hancock (2014) può offrire un supporto metodologico-educativo per la comprensione delle valenze formative del giocosport.
Secondo tale prospettiva, le finalità sono così individuabili:
a) riduzione di fenomeni del burnout/abbandono;
b) aumento della motivazione intrinseca degli allievi;
c) coinvolgimento dell’allievo in varie attività sportive.
Le caratteristiche di tale paradigma educativo, considerando il gioco un’esperienza ineludibile per ogni bambino, sono così individuabili:
· Prestazione: sebbene l’obiettivo finale nei contesti sportivi sia una prestazione motoria di alto livello, si dovrebbero fornire numerose e diverse opportunità a tutti i bambini e ragazzi di partecipare a varie discipline sportive strutturate-organizzate e destrutturate, secondo i propri livelli di maturità psicologica, emotiva, motoria e sociale. La variabilità della pratica durante l’infanzia consente di promuovere un ampio repertorio motorio ed ha un effetto positivo sulle future prestazioni d’élite e sulla partecipazione a lungo termine allo sport (Côté et al., 2009);
· Partecipazione: lo scenario preoccupante generato dal declino dell’attività fisica e dall’abbandono della pratica sportiva durante l’adolescenza, necessita di misure di contrasto, in favore dell’aumento delle opportunità di partecipazione sportiva a lungo termine. I programmi sportivi giovanili dovrebbero orientarsi verso la promozione della pratica sportiva e lo sviluppo a lungo termine dell’atleta attraverso tappe, differenti e complementari (Collins, 2010, Côté et al., 2011);
· Crescita personale: durante l’infanzia, il coinvolgimento in ambienti diversificati, che prevedano un approccio ludico allo sport, garantisce un’ampia gamma di esperienze che permettono di sviluppare competenze motorie e sportive e fiducia in sé stessi, funzionali alla pratica di attività sportiva a lungo termine (Busseri et al., 2006, Fredricks & Eccles, 2006, Rose-Krasnor et al., 2006).
I benefici legati alla variabilità della pratica e al gioco deliberato riducono il fenomeno del burnout, limitando gli infortuni e aumentando il divertimento. Attraverso un approccio ludico è possibile fornire un contributo implicito all’acquisizione delle competenze, senza ricorrere ad una specializzazione sportiva precoce (Wall & Côté, 2007, Fraser-Thomaset et al., 2008a, 2008b; Law et al., 2007).
Un ulteriore modello orientato a guidare il passaggio dal gioco all’avviamento allo sport è il framework canadese Long Term Athletic Development (LTAD). Proposto da Istvan Balyi nel 1998, tale modello è orientato a promuovere il processo educativo dei bambini e dei giovani atleti. Il modello nasce per colmare la lacuna del sistema sportivo canadese, incentrato sulla vittoria e sulla competizione a discapito del rispetto delle fasi di sviluppo in cui, al contrario, bisognerebbe promuovere un apprendimento significativo e qualitativo.
Valido sia per la formazione di atleti d’élite sia per offrire a tutti i bambini l’opportunità di sviluppare una reale percezione di competenza, il modello LTAD pone rilevanza sui risultati a lungo temine rispetto al raggiungimento del successo sportivo e di elevate prestazioni in tempi brevi (Balyi et al., 2015).
Ciò contribuisce al successo è il rispetto dei tempi di sviluppo individuali degli allievi.
I tre obiettivi principali del modello LTAD sono:
1) Attuazione di un percorso d’insegnamento-apprendimento, adeguato ai bisogni della persona;
2) Promozione di un sistema sportivo integrato e coordinato (integrazione di varie agenzie formative e dei programmi sportivi);
3) Definizione di un sistema educativo condivisibile dalle figure professionali che operano nel settore sportivo agonistico, ricreativo, della sanità e dell’istruzione, per promuovere il benessere dei cittadini.
Definendo le caratteristiche del modello, l’insegnante/allenatore ha la possibilità di:
- Adattare il contenuto delle proposte motorie ai bisogni degli allievi;
- Promuovere il divertimento;
- Evitare i pericoli legati al burnout, infortunio, abbandono;
- Mantenere un corretto equilibrio tra i periodi di competizione e quelli di allenamento;
- Interpretare la competizione come opportunità educativa per il miglioramento personale non fine a sé stessa;
- Assicurare ai partecipanti la possibilità di acquisire un vasto repertorio di abilità e conoscenze utili ad accedere anche alla pratica di attività sportive diverse.
Supportando l’importanza dell’alfabetizzazione motoria (PL), l’obiettivo è quello di garantire il coinvolgimento e la crescita di futuri atleti, promuovendo la partecipazione alla pratica di attività fisica. I presupposti del modello canadese risiedono sull’acquisizione di esperienze motorie di successo e di competenze trasferibili nell’ambito dell’attività motoria- sportiva, al fine di promuovere nei bambini l’accesso alla pratica di diversi sport.
Aumentare le opportunità di partecipazione dei bambini all’attività motoria nelle diverse età garantisce, inevitabilmente, un miglioramento della qualità della vita.
L’alfabetizzazione motoria rappresenta il primo dei dieci fattori chiave su cui si fonda il modello LTAD. L’adozione di tale paradigma consente, infatti, di ampliare l’alfabetizzazione motoria, grazie ad un approccio piramidale che vede la costruzione di competenze motorie a partire dall’apprendimento di abilità motorie di base (Lloyd et al., 2015).
L’articolazione piramidale del LTAD si compone di sette fasi, che integrano allenamento, competizione e recupero e guidano l’esperienza motoria-sportiva. Ogni fase di sviluppo presenta un obiettivo predefinito:
1) Active Start, 0–6 anni (bambino attivo): Piacere e integrazione dell’attività fisica alla vita quotidiana e introduzione ai fondamenti di movimento;
2) FUNdamental, ragazzi dai 6 ai 9 anni; ragazze dai 6 agli 8 (divertirsi con lo Sport): Apprendimento delle abilità motorie fondamentali e sviluppo delle capacità motorie generali;
3) Learning to Train, ragazzi dai 9 ai 12 anni; ragazze dagli 8 agli 11 anni (impara ad allenarti): Apprendimento delle abilità sportive di base;
4) Training to Train, ragazzi dai 12 ai 16 anni; ragazze dagli 11ai 15 anni (formazione per allenarsi): Sviluppare resistenza aerobica, velocità e forza verso la fine di questa fase; Affinare e consolidare competenze specificatamente legate allo sport;
5) Training to Compete, ragazzi dai 16 ai 23 anni circa; ragazze dai 15 ai 21 anni circa (allenamento per la competizione): sviluppa in modo ottimale le qualità fisiche fondamentali e impara l’arte di esibirsi in competizione.
6) Learning to Win, 19 anni circa; ragazze di 18 anni circa (allenati per vincere): prestazione vincente
7) Active for Life, questa fase può essere iniziata a qualsiasi età (attivi per la vita): questa fase racchiude gli ambiti della competizione, della pratica dell’attività fisica quotidiana e della partecipazione alla carriera sportiva come leaders.
Al fine di garantire una pratica didattica efficace, è necessario il ricorso a modelli di riferimento scientifici e metodologici.
Oggi le scienze motorie e sportive – al cui interno è presente la SP – richiedono non solo rinnovati rapporti interdisciplinari ma, soprattutto il ricorso a modelli d’intervento che possano orientare le buone pratiche. In particolare, la scelta delle metodologie didattiche e delle modalità organizzative dei compiti motori richiedono sistematiche conferme ed integrazioni, soprattutto per una loro applicazione in funzione del processo educativo degli allievi.
La direzione per la formazione dell’insegnante, in diversi contesti formativi, è quella di una pratica basata sulle evidenze (Evidence Based Practice) che permetta di conseguire la crescita della persona attraverso l’attività motoria e lo sport, di ampliare il repertorio motorio degli allievi, le relazioni interpersonali e l’inclusione, favorendo la transizione dal gioco allo sport e generando apprendimenti aperti, trasferibili, creativi, non-lineari.
L’attenzione si sposta dai contenuti alle metodologie adottati dall’insegnante che non hanno tutti le stesse valenze funzionali, non sono cioè sovrapponibili. La variazione degli stili d’insegnamento sollecita diverse e personalizzate modalità di apprendimento.
Risulta fondamentale, pertanto, utilizzare differenti modalità di comunicazione e di organizzazione del setting didattico, per favorire l’acquisizione di competenze motorie.
Al fine di attuare gli effetti educativi dell’attività fisica e sportiva è importante una formazione dell’insegnante/allenatore ampia ed interdisciplinare, costantemente orientata verso la qualità dei processi d’insegnamento-apprendimento.
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