Analysis of a Multi-Sport Educational
Process for Sustainable Sports Education
Analisi di un processo didattico formativo multi-sport per un’educazione sportiva sostenibile
Pietro Luigi Invernizzi
Dipartimento di Scienze Biomediche per
la Salute, Università degli Studi di Milano (Milano, Italy)
– pietro.invernizzi1@unimi.it
https://orcid.org/0000-0002-1376-1613
Marta Rigon
Dipartimento di Scienze Biomediche per
la Salute, Università degli Studi di Milano (Milano, Italy)
– marta.rigon@unimi.it
https://orcid.org/0009-0000-0048-7849
Gabriele Signorini
Dipartimento di Scienze Biomediche per
la Salute, Università degli Studi di Milano (Milano, Italy)
– gabriele.signorini@unimi.it
https://orcid.org/0000-0002-0452-0172
Domenico Cherubini
UCAM Catholic
University of Murcia (Murcia, Spain) – dcherubini@ucam.edu
https://orcid.org/0000-0002-5207-7558
Raffaele Scurati
Dipartimento di Scienze Biomediche per
la Salute, Università degli Studi di Milano (Milano, Italy)
– raffaele.scurati@unimi.it
https://orcid.org/0000-0003-3247-1977
The topic of this work is sports
teacher education. Metaphors will initially approach the issue to understand
better some concepts of the training path, such as the necessary process for
its fulfillment, the didactic form (art or rationality?), competence (technical
or empathy?), and the communicative approach of the teacher. Subsequently, an
ongoing training project based on an integrated multi-sports model will be
illustrated in its exploratory phase, initially addressed to federal rugby
instructors. The scientific method, whose procedures are thoroughly described,
will allow us to verify the model's success, sustainability, and didactic
transferability to the educational courses for youth sports instructors. The
outcomes can prove the adequacy of the method to achieve all expected targets
for training professionals in the motor-sports field and, more broadly, to
promote the physical literacy of the ultimate recipients, namely the children.
Oggetto del presente lavoro è il
tema della formazione dell’insegnante sportivo. L’argomento verrà inizialmente approcciato
con metafore al fine di meglio comprendere alcuni concetti del percorso
formativo quali il processo necessario al suo compimento, la forma didattica
(arte o razionalità?), la competenza (tecnica o empatia?) e l’approccio
comunicativo dell’insegnante. Successivamente sarà illustrato un progetto
formativo in corso di svolgimento basato su un modello integrato
multi-sportivo, nella sua fase sperimentale inizialmente orientata all'istruttore
federale di rugby, il cui successo, sostenibilità, e trasferibilità didattica
nei corsi per istruttori di sport giovanile verrà verificata con metodo
scientifico, del quale è descritto il protocollo di studio. L’esito
dell’iniziativa potrà confermare l’adeguatezza del metodo per raggiungere gli
obiettivi della formazione dei professionisti nell’ambito motorio-sportivo e,
in forma più estesa, per la promozione della physical
literacy dei destinatari finali di suddetta
formazione, vale a dire i bambini.
Teacher, Rugby, Communication,
Teaching skills, Physical literacy
Insegnante, Rugby, Comunicazione, Competenze
didattiche, Physical literacy
Conceptualization
(P. L. Invernizzi, M. Rigon); Supervision
(P. L. Invernizzi, R. Scurati); Investigation
(G. Signorini; M. Rigon); Visualization (P. L. Invernizzi,
R. Scurati); Writing – First Draft (P. L. Invernizzi,
G. Signorini, R. Scuarti); Writing – Review
and Editing (P. L. Invernizzi, G. Signorini, M. Rigon,
D. Cherubini, R. Scurati).
The Authors declare no conflicts of interest.
February 8, 2024
April 7, 2024
Diversi framework si sono occupati di identificare
i modelli di riferimento per lo sviluppo di una pratica sportiva rivolta non
solo alla performance ma anche ad una educazione sportiva basata su solidi
modelli pedagogici (Casey & Kirk,
2020; Hulteen et al., 2018; Metzler, 2017; Sgrò & Lipoma, 2019; Siedentop
& Tannehill, 2000). Questi modelli pedagogici, che implicano
un’adeguata formazione degli insegnanti, consentono di estendere l’applicazione
del modello sportivo ad una visione educativa che travalica la progettazione
riduttiva di specifici interventi con esclusive e limitate finalità
specialistico agonistiche.
La programmazione, progettazione e implementazione
di percorsi di educazione e avviamento allo sport di tipo models-integrated (Balyi et al.,
2013; Varghese et al., 2022), caratterizzati da tappe per lo più progressive e
sequenziali per l’educazione del corpo e attraverso il corpo, rappresentano le
indicazioni di riferimento da seguire, dal primo contatto con lo sport fino
alla partecipazione a manifestazioni a carattere competitivo.
Questi modelli intendono guidare allo sviluppo di
programmi per mantenere un’attitudine positiva alla pratica sportiva lungo
tutto l’arco della vita. Più precisamente prevedono, a livello giovanile, la
costruzione di step dei fondamenti fisico motori (physical
literacy) basati su un approccio multilaterale,
polivalente e multisport
Questa attività variata consente di sommare i
valori formativi di differenti pratiche riducendo al contempo gli effetti
negativi che una pratica sportiva unilaterale può presentare. Inoltre, la
conoscenza di diversi sport evita la noia, la specializzazione precoce, il
condizionamento dovuto a diversi fattori (allenatori demotivanti, gruppi dei
pari, condizionamenti famigliari), e consente di optare successivamente per lo
sport più gradito o più adatto alle proprie capacità, anche grazie al
raggiungimento di una più ampia varietà di abilità motorie.
Tuttavia, questi modelli non trovano sempre una
reale completa trasferibilità didattica nei corsi per istruttori di sport
giovanile, né tantomeno ne è sempre stata studiata la ricaduta pratica, in
termini di risultati educativi, sui giovani praticanti (Sgrò & Lipoma,
2019).
È dunque nostra intenzione approfondire il tema
della formazione dell’insegnante sportivo (sia esso chinesiologo o istruttore
federale, comunque deputato all’educazione sportiva e motoria del bambino) esaminando
prima il processo e proponendo successivamente uno studio di verifica di una
progettualità appositamente disegnata.
In questa prima parte si è scelto di ricorrere a
numerose metafore per far meglio comprendere alcuni concetti astratti come
quelli di carisma, empatia e capacità di coinvolgimento dell’istruttore
sportivo competente che sarebbero diversamente di più difficile comprensione
seguendo esclusivamente un pensiero scientifico-razionale. Le metafore sono
mappe concettuali (Calabrese, 2012) che contribuiscono a rappresentare profondamente
il concetto di arte, e quindi dell’arte di insegnamento intesa come componente
di una sensibilità umana profonda ed empatica che deve caratterizzare un
insegnamento sportivo con l’ambizione non solo di istruire attraverso
l’acquisizione di abilità tecniche, ma soprattutto di educare i sentimenti
controllando le pulsioni dei discenti. La metafora si adatta perfettamente
all’ambito della educazione fisica e sportiva (Invernizzi &
Scurati, 2019) perché consente di rispecchiare fisicamente le
emozioni (Pennacchio, 2014) e quindi di comprendere meglio i processi motori
formativi dello sport attraverso un vero e proprio processo mimetico
rappresentativo.
Le immagini metaforiche del viaggiatore e del
viandante rappresentano due possibili approcci che un istruttore sportivo può
utilizzare nel suo processo d’insegnamento. Il viaggiatore ha in vista la sua meta
e la distanza tra punto di partenza e di arrivo, tra i quali vi sono inter-luoghi
di nessun interesse. Al viaggiatore interessa la meta da raggiungere o, con
riferimento al nostro ambito, l’abilità raggiunta o la performance sportiva. Il
viandante invece non ha obiettivi diretti: osserva, raccoglie le informazioni,
reagisce agli stimoli con flessibilità. È il camminare passo dopo passo
a rappresentare per lui l’esperienza, il vissuto importante. Il viandante,
sempre con riferimento all’ambito motorio, raccoglie attraverso lo sport
energie e sensazioni, affina sentimenti che lo possano aiutare a meglio
interpretare e gestire gli stati d’animo interiori, che proprio grazie alla
pratica sportiva, potranno prepararlo a meglio affrontare la realtà
armonizzando corpo, mente, emozioni.
Questa illustrazione metaforica richiama la teoria
della padronanza (mastery pedagogy) ed evidenzia come l’esperienza vissuta
attraverso l’educazione sportiva debba consentire soprattutto una modalità per
acquisire una identità ed una presa di coscienza positiva di sé. Un
orientamento eccessivo verso la performance da raggiungere (la meta del
viaggiatore) rischia di produrre sensazioni di inadeguatezza, mortificazione e
rifiuto dell’attività (Maksymchuk et al.,
2018). La Figura 1 esprime graficamente due modelli (del punto
e della circonferenza) che illustrano le differenze sostanziali tra un
insegnamento basato sulla padronanza del compito (circonferenza) rispetto
ad un insegnamento basato sulla performance e sul risultato (punto).
Più nello specifico, secondo il primo modello
rappresentato, il punto è dato dall’intersezione di due linee. Può
corrispondere ad una performance, che ha come esito un risultato positivo o
negativo. Prendiamo come esempio chiarificatore l’esercizio del salto in alto, quando
l’istruttore sportivo chiede a dei bambini di 8–9 anni di superare un’asticella
metallica posta per tutti alla stessa altezza di 65 cm: ciò probabilmente determinerà
la riuscita per alcuni, ma l’insuccesso per altri (creando così dei vinti e dei
vincitori, cosa che rappresenta un vissuto di incapacità e inadeguatezza per
chi non ha avuto successo). Secondo il modello della circonferenza,
invece, il risultato non è così determinato con precisione, si lascia la
possibilità di interpretare individualmente la consegna in base alle proprie
caratteristiche e capacità. Non ci si orienta verso una proposta unica e
uniforme, ma sulla possibilità che ognuno, all’interno di una tematica comune,
possa esprimere una partecipazione serena e un risultato gratificante. Con
riferimento all’esempio precedente del salto in alto, utilizzando un’asticella
in gomma o un nastro da merceria disposto obliquamente (applicazione dello
stile di insegnamento inclusione), si darà la possibilità ad ogni
bambino di decidere, in base alle proprie capacità e alla percezione della
propria competenza, quale asticella (metallo/gomma) o in che punto
dell’asticella (se obliqua) saltare. Inoltre, l’utilizzo di un’asticella in
gomma comporterà, a pari altezza, un minor livello di tensione emotiva e
insicurezza anche nei più timorosi (Sanchez et al.,
2012).
Un altro modo per orientare i bambini nella scelta
del modello da seguire (utile per la creazione attraverso l’esperienza motoria
di un vissuto e di una identità positiva) può essere quello di proporre
situazioni sdrammatizzanti e nelle quali non si considerano prioritariamente
dati cronometrici o di risultato, ma soprattutto i miglioramenti personali
conseguiti con impegno, attenzione, consapevolezza. A partire da questa
premessa, si consigliano valutazioni basate su prove oggettive che considerino
la situazione di partenza dei soggetti e non riferite a nomogrammi; inoltre, ulteriori
prove possono essere incentrate su prove di realtà basate sulla risoluzione di
problemi concreti e su autobiografie, con una narrazione a posteriori del percorso
cognitivo ed emotivo che ha consentito di affrontare il compito richiesto (Chng & Lund,
2018).
Figura 1. Rappresentazione dei modelli didattici: a) del
punto (insegnamento chiuso, interpretazione rigida basata sul risultato); b)
della circonferenza (insegnamento aperto, interpretazione basata sulla
padronanza del compito in cui ognuno ha il proprio margine di azione). In c):
applicazione pratica nell’esercizio del salto in alto.
Nella letteratura si fa riferimento alla didattica
attraverso due modalità interpretative differenti. Una prima modalità
rappresenta la didattica come una forma artistica, una sensibilità
artistica personale in grado di trasmettere entusiasmo e fascino per la materia
che si deve apprendere grazie al carisma ed alla passione dell’insegnante (Quennerstedt,
2019). Una seconda modalità riguarda un approccio più razionale, incentrato
sulla capacità dell’insegnante di ordinare e organizzare con azioni metodologicamente
corrette i contenuti del proprio insegnamento (Silverman et al.,
1988).
Questa contesa può essere metaforicamente assimilata
ai generi letterali della grecità, in cui Dioniso rappresentava la follia
ed Apollo l’ordine, quali elementi opposti e in continua
contrapposizione nella ricerca di un equilibrio ottimale. Anche i satiri, dalle
sembianze per metà umane e per metà caprine, rappresentavano figure mitologiche
greche evidenzianti una doppia natura: la parte animale quale più pulsionale,
istintiva e profonda e l’altra umana, quale razionale, a cercare di
attribuire un senso alla vita attraverso una ragionevolezza regolatrice
dei comportamenti rivolta a controllare l’imprevedibilità. Anche il concetto di
Yin e Yang della cultura orientale evidenzia i due opposti che identificano la
dualità di ogni cosa nell’universo, e solo grazie ad una armonizzazione di
queste differenti energie è possibile creare un corretto equilibrio
esistenziale (Miller, 1993).
In ambito motorio e sportivo, la mancanza di una
capacità e flessibilità autoregolativa e della giusta misura in
relazione ai diversi contesti e utenti può non solo determinare un insegnamento
inefficace, ma addirittura effetti negativi nella relazione insegnante-allievo,
con conseguente incapacità nella gestione dei gruppi. Infatti, per evidenti
ragioni di disomogeneità dei gruppi a cui si insegna e per le caratteristiche
personali di ogni insegnante, non esiste un modello di riferimento rigido per
l’interpretazione della didattica. Riflettere sui propri comportamenti e sulle
relazioni che si instaurano con i propri allievi rappresenta dunque l’elemento
chiave per il successo didattico (Sáez-Delgado et
al., 2022).
La didattica dell’educatore sportivo, restando
sulla metafora precedente, si dovrà tradurre quindi in due livelli di
attenzione ed azione:
-
il lato sensibile
e di spontanea capacità di relazione, che nell’istruttore giovanile si
manifesta in tutte quelle attenzioni, sollecitazioni, stimoli, incoraggiamenti
che costituiscono la disponibilità affettiva-emozionale del docente, pronto a
fornire a ciascun allievo tutto il supporto possibile per superare le
difficoltà, rinforzare la motivazione promuovendo un clima positivo,
emozionante e coinvolgente (Hargreaves, 1998).
-
gli interventi
razionali e controllati, che l’istruttore deve saper realizzare proponendo una
gestione adeguata e orientata dei diversi momenti didattici, un’organizzazione
accurata degli spazi, una suddivisione dei tempi di lavoro in modo sicuro,
funzionale e produttivo, nonché un utilizzo adatto dei contenuti e degli stili
di insegnamento in relazione agli obiettivi specifici e formativi programmati (Arnstine, 1990;
Macmillan, 1985).
In un contesto didattico inteso come arte,
l’uso adeguato di parole e frasi detonatore possono creare suggestioni e
aspettative che predispongono al lavoro che verrà proposto successivamente (Liukkonen et al.,
2010; Yoo, 2015). In un esempio pratico: l’istruttore può motivare
all’esercizio fisico-sportivo bambini di 7-8 anni anticipando queste pratiche
secondo una narrativa introduttiva. Imbastisce una storia ed un dialogo con i
bambini il cui interesse e motivazione a svolgere l’attività viene assicurato
perché rispondente al coinvolgimento emotivo generato che potrebbe
ipoteticamente svolgersi così: “Secondo voi gli uomini antichi facevano sport?”
(i bambini rispondono) “Nooo!” “Perché non facevano
sport?” “Perché non esistevano le palestre e i campi sportivi” “E allora?” “Per
esempio, non avevano le palestre ma si arrampicavano su molti alberi” “Ma
perché si arrampicavano sugli alberi?” (i bambini rispondono) “Per scappare
dagli animali” “Tu quante volte sei andato su un albero?” “Tu quante volte hai
scalato una montagna o saltato un fosso?” (i bambini rispondono) “Mai” “Ecco
allora che la vita oggi è cambiata rispetto agli uomini di una volta, c’è una
grande differenza” “Così se il nostro corpo non l’allenassimo rimarrebbe forte?”
(i bambini rispondono) “Nooo” “Ecco allora perché
oggi noi ci dobbiamo allenare” “Ecco perché hanno inventato le palestre e ci
sono i maestri che oltre a leggere e a scrivere insegnano lo sport” “Allora
proprio qui possiamo imparare tutte le cose che ci servono per muoverci meglio”.
Diversamente, in un approccio più orientato verso
una razionalità metodologica, l’esercitazione pratica, può essere
organizzata in modo più strutturato, come nell’esempio dell’attività del Trenino
della resistenza in cui i bambini corrono in fila indiana simulando il
viaggio di un treno:
ad ogni giro cambia il conducente che guida il
trenino: il primo bambino quindi si ferma, si dispone lateralmente, lascia
passare tutta la fila di compagni e si dispone in fondo. Chi è veramente stanco
può fermarsi in una stazione (uno dei 4 angoli della
palestra) e quando il trenino passa nuovamente può mettersi in coda. Al termine
dell’esercizio si invitano i bambini a rilevare la frequenza cardiaca e, successivamente,
l’insegnante, con opportune domande, sollecita la riflessione: “Chi ha capito
come si controlla la frequenza cardiaca? Perché? Secondo voi è meglio che il
cuore batta adagio o forte? Perché? Chi è maggiormente allenato avrà un battito
cardiaco più alto o più basso rispetto a chi è meno allenato? Perché? ….”.
Questo approccio metodologico può prevedere non
solo uno stimolo rivolto alla sollecitazione delle capacità motorie ma anche
stimoli indirizzati alle funzioni cognitivo-riflessive (attraverso domande
quesito), alle condotte psico-sociali (il capotreno deve tenere un’andatura
adatta ai compagni che lo seguono; ad ogni giro di corsa si cambia il
conducente), alle condotte psico-affettive (il bambino deve avere la capacità
di autoregolarsi, fermandosi se necessario, in relazione all’autopercezione di
affaticamento).
Risulta evidente come sia l’interpretazione della
didattica come arte che l’interpretazione più razionale siano in
realtà complementari e non in contrapposizione tra loro. La struttura della
proposta più idonea si basa su una attenta riflessione relativa alla tipologia
di alunni, al loro numero, agli spazi disponibili e naturalmente all’osservazione
di come gli allievi reagiscono alla situazione, pronti ad
adattare la propria proposta, garantendo sempre i criteri di sicurezza
considerando prerequisiti e capacità di partenza.
La capacità didattica dipende quindi, oltre che
dalle conoscenze ed abilità acquisite attraverso una formazione specifica, anche
dalle attitudini e predisposizioni individuali, che rendono più adatto
l’insegnante ad un contesto rispetto ad un altro (bambini, adulti, maschi,
femmine, sport educativo o sport evoluto,…), e dall’esperienza diretta fatta sul
campo, che consente una sempre maggiore conoscenza di sé, con la capacità
di essere in modo flessibile più artista o razionale/progettista e
organizzatore in base alle necessità contingenti ed ai contesti a cui si
riferisce (Casolo et al.,
2019).
Spesso la formazione degli istruttori federali si
riduce ad una istruzione tecnica rivolta all’acquisizione di conoscenze ed
abilità specifiche senza la preoccupazione di sviluppare qualità empatiche e di
relazione. La formazione ha generalmente l’obiettivo di costruire un istruttore
competente, qualificato ad insegnare la disciplina prevista attraverso un iter
formativo specificatamente strutturato. Questo iter spesso attribuisce la
qualifica di istruttore/insegnante basandosi prioritariamente sul cosa insegnare, sulle conoscenze ed abilità, a
volte solo teoriche, da acquisire nel pianificare, padroneggiare, valutare
contenuti prettamente tecnici.
Meno evidente risulta un’attenzione a come
insegnare e alle capacità empatiche, emotive e di comunicazione degli
insegnanti sportivi, indispensabili per coinvolgere positivamente gli allievi evitando
di demotivarli. Il continuo focalizzarsi su obiettivi da perseguire toglie spazio
alla possibilità di poter uscire dal programma per adeguarsi alle necessità
educative degli allievi che spesso sono situazionali e imprevedibili. Adeguare
i programmi ai soggetti ai quali si insegna implica una conoscenza dei processi
evolutivi di tipo psicofisico che li caratterizzano e che spesso non sono
tenuti in adeguata considerazione (López-Pastor et
al., 2013).
La società sportiva può essere considerata un
utile laboratorio in cui si creano le persone. Riflettere su educare ed
in particolare considerando ciò che passa nella mente degli allievi quando si
allenano e la loro risonanza emotiva alle proposte è un processo
importante e complementare all’allenamento fisico-motorio (Tsang, 2011).
Sempre restando in un ambito metaforico, il
rimando è all’immagine di due innamorati e di come questi attribuiscano una
interpretazione semantica alle parole e ai gesti basata su una intensa densità
di significati e coinvolgimento attribuito alla passione e ad uno spessore
affettivo enfatizzato dalla relazione e dalla storia costruita
insieme. In questa situazione si crea una polivalenza di significati
attraverso la quale, prelevando dal linguaggio sintattico le parole, viene loro
attribuito irrazionalmente un valore diverso in relazione all’esperienza ed al
vissuto personale (Gehlbach et al.,
2012; Invernizzi et al., 2023).
Oltre ad istruire, con riferimento
all’acquisizione di abilità motorie, educare prevede prendersi cura, attraverso
un processo culturale di riferimento, di sentimenti specifici inerenti all’accettazione,
l’inclusione, il rispetto, la tolleranza, la coerenza dei comportamenti, la
capacità di gestire la rabbia, la gioia. L’educazione sportiva può costituire
il percorso culturale utile per insegnare tutte le sfumature delle emozioni,
costruendo una mappa precisa che consente di gestirle e controllarle (Méndez-Giménez et
al., 2021).
In questa trasmissione, l’esempio di un insegnante
carismatico ed empatico gioca un ruolo fondamentale più delle parole. La
soggettività, attraverso il privilegiare il fa ciò che può, diventa più
importante di un modello basato esclusivamente sulla produttività e sulla
performance.
La valutazione dell’empatia degli insegnanti
potrebbe essere un utile strumento per verificare non solo la conoscenza della
disciplina che insegnano, ma anche se possiedono qualità didattiche utili per
insegnare (Meyers et al.,
2019). L’insegnante (e dunque anche l’istruttore federale) deve essere in grado
di suscitare stima ed ammirazione; la voglia di fare dell’allievo dipende dalla
stima che nutre per l’insegnante, grazie alla quale esso non vuole fare
brutta figura nei suoi confronti e si impegna per apprendere. L’insegnante
deve imparare ad essere un attore di teatro attraverso una formazione
adeguata in cui la palestra ed il campo rappresentano il suo palcoscenico.
La cultura sportiva diventa seduttiva se offerta
in modo adeguato, ma in mancanza di una attitudine o vocazione, senza una
passione interna, rischia di diventare inefficace o dannosa. Attraverso un
insegnamento empatico il significato dei gesti e delle parole dell’insegnante
acquisisce quello spessore profondo e la liberazione di quel demone
interiore in grado di trasferire energia positiva e carica emotiva lasciando
un segno duraturo nei propri allievi. Si potrebbe dire che aprire
il cuore è la condizione per aprire la mente alla disciplina che si vuole
trasmettere (Tsang, 2011).
Oltre ai contenuti specifici, l’insegnante
sportivo deve quindi considerare come elemento importante della sua formazione
la capacità di imparare a comunicare come un attore, che gioca sul
linguaggio verbale e non verbale con la consapevolezza che attraverso questa
capacità può indurre emozioni diverse e opposte: suscitare empatia o distacco,
attenzione o noia, fiducia o scarsa adesione, sicurezza o ansia prestativa (Moreno-Casado et
al., 2023). Per esempio, per stimolare l’interesse degli
allievi l’istruttore sportivo può creare una forte aspettativa in un esercizio inserendo
pause nell’intercalare delle parole con cui lo propone ed assumendo un tono
della voce appropriato. In un possibile ipotetico dialogo: “Bambini ora vi
propongo un esercizio difficile” - pausa - “No, meglio di no! “ - breve pausa -
“L’esercizio è molto divertente, ma non so se riuscite a farlo” - nuova pausa
che sollecita i bambini a chiedere la presentazione dell’esercizio con frasi
tipo: “Dai diccelo!!! “ - L’istruttore, modulando la voce, accentua ancor più
l’interesse dei bambini: “Se proprio insistete … siete sicuri? Guardate che non
è facile…”. A questo punto il livello emotivo ed attentivo dei piccoli è ormai
al culmine e l’istruttore, da vero insegnante sportivo, può proporre
l’esercizio.
Lo sport deve costituire un deposito di sentimenti
utile per attrezzare la mente dei giovani a superare i momenti difficili e
dolorosi, insegnando a gestire la propria emotività (Moreno-Casado et
al., 2023).
Crescere, con lo sport, attraverso un confronto
continuo con gli altri e i propri limiti deve rappresentare un gioco della
vita e non la prova della vita. In questa concezione, le regole
dello sport non devono avere carattere ultimativo, ma devono consentire di
imparare a vivere preparando i giovani ad affrontare la realtà (Gould &
Carson, 2008). Le mappe cognitive e le mappe emotive
rappresentano la modalità attraverso la quale l’individuo percepisce il mondo e
la sua risonanza.
Attraverso la pratica sportiva il giovane può
trovare una fonte sociale per la costruzione della propria identità
riconoscendosi positivamente come capace. Il corpo, che spesso in ambito
clinico viene considerato come un insieme di organi parcellizzati e che vanno
indagati in modo specialistico, nella pratica attiva delle relazioni sportive
diventa strumento indispensabile per la generazione del sé. Attraverso i suoi
occhi e gli altri sensi, che sono corpo e non un semplice organo per la
visione, la persona vive, guarda in profondità ed entra in
relazione con il mondo e l’ambiente, creando un rapporto di fiducia o sfiducia con
l’altro.
In quest’ottica, l’individualizzazione e la
personalizzazione dei rapporti deve rappresentare un elemento chiave nel
considerare come lo spazio relazionale di ogni soggetto non sia assoluto e come
il corpo di ogni soggetto faccia si che un soggetto
veda e senta ciò che altri vedono o sentono in modo diverso (Mehtälä et al.,
2014; Siedentop & Tannehill, 2000).
La sensibilità pedagogica dell’insegnante che non
deve mortificare, non deve ferire il sentimento di sé attraverso
proposte non adeguate alle capacità degli allievi, diventa imperativo
fondamentale per non generare insicurezza, angoscia e inquietudine. Rinforzi
positivi personali, attività adatte ai bisogni dei giovani e alle loro capacità
facilitando l’apprendimento di tutti. La capacità di ascolto e osservazione di
ognuno, la risposta alle loro richieste e problematiche individuali,
rappresentano elementi importanti per garantire non solo il successo sportivo
di alcuni (i più dotati) ma soprattutto il successo formativo di tutti (Shane, 1012).
Se l’esperienza sportiva si identifica come un dono
sociale positivo, l’identità del soggetto e il senso di fiducia scaturiti
da una corretta alfabetizzazione emozionale ed educazione dell’affettività
costituiranno premesse importanti per un’adeguata sicurezza e corretta
collocazione di sé nel mondo e per affrontare la vita con coraggio (Opstoel et al.,
2020).
La Figura 2 rappresenta due approcci
comunicativi opposti, a suggerire come un intervento adeguato dell’insegnante
sportivo, non orientato all’obiettivo della performance (goal oriented) ma alla padronanza delle capacità personali in
base alle proprie possibilità (mastery pedagogy), consenta di acquisire una immagine positiva di
sé non solo attraverso un’actual motor competence (Estevan et al.,
2021), ma soprattutto attraverso una miglior perceived
motor competence, condizione indispensabile per
una physical literacy
che possa accompagnare il soggetto per tutta la vita favorendone il benessere
psico-fisico e psico-sociale (Li et al., 2021).
Figura 2. Rappresentazione di: (a) comunicazione non
adeguata ad una educazione sportiva perché mortificante il sentimento di sé
dell’allievo; b) comunicazione educativa favorente l’accettazione della
competenza motoria dell’allievo indipendentemente dal livello del suo
risultato.
Una difficoltà che spesso si identifica nei
processi formativi degli insegnanti sportivi è costituita dall’utilizzare le
evidenze scientifiche come base di riferimento per una tipologia di attività
che non sempre per tutti preserva l’esattezza del risultato ottenuto con il
metodo scientifico. Infatti, la scienza si basa su un sapere oggettivo, valido
per tutti, sottoposto a sperimentazione, riproducibile ovunque e da chiunque
con il medesimo risultato. Tuttavia, questi risultati generalizzabili sono di
difficile applicazione in contesti reali nei quali la flessibilità nell’adattarsi
alle caratteristiche dei soggetti e alle imprevedibilità ambientali costituisce
un elemento chiave per il successo formativo stesso (Schempp, 1987).
La valutazione del successo in un contesto
formativo reale deve essere sempre aderente alle specificità del contesto a cui
ci si riferisce e va indirizzata alla raccolta di informazioni relative alla
buona riuscita del programma (impatto/efficacia) e quindi rivolta ad una
utilità pratica delle informazioni necessarie per interrompere o continuare la
proposta o rivederla/migliorarla in relazione alla soddisfazione o meno
dell’esperienza fatta, al raggiungimento degli obiettivi previsti ed ai
risultati di trasferibilità in contesti reali (Ceciliani, 2018).
Con riferimento alla precedente riflessione, anche
in contesti formativi l’accuratezza dell’analisi basata su criteri di validità
degli strumenti utilizzati, la ripetibilità delle misure, l’analisi di tutti i
mediatori e moderatori che possono concorrere al risultato sono criteri di
riferimento per creare un orizzonte di senso in grado di riferirsi alla
storicità dei risultati ed alle variabili che li hanno condizionati,
consentendo di orientare meglio gli interventi futuri (Schempp, 1987).
Nella Figura 3 i risultati scientifici
generalizzati si riferiscono in realtà alla parte centrale della curva
gaussiana in quanto relativi alla maggior parte di soggetti di un dato campione
studiato (attorno alla media campionaria) e che quindi sono i più
rappresentativi del campione stesso. Ma questa esattezza nell’ambito specifico
dell’educazione sportiva non può essere applicata perché non considera la
variabilità individuale relativa alle caratteristiche personali di ogni
soggetto (di tipo motorio, cognitivo, affettivo, sociali), che colloca alcuni
soggetti inevitabilmente agli estremi della curva (tra i più bravi o tra i meno
bravi), e per i quali risulta inappropriato uniformare l’intervento a quello
dei soggetti che si collocano più vicini ai valori medi presi a riferimento. Quindi,
i protocolli basati su nomogrammi di riferimento di tipo nominale non possono
essere presi come riferimento funzionale perché non adatti agli estremi più
bassi e alti di questa campana (Graham, 1995).
Figura 3. Curva gaussiana esemplificativa di come
protocolli applicativi basati su evidenze scientifiche necessitino, in ambito
educativo, di adattamenti funzionali in relazione alle caratteristiche dei
soggetti che si trovano alle estremità e per i quali occorrono dunque
adattamenti individualizzati della proposta.
Inoltre, il principio ologrammatico
(Morin, 1993), che evidenzia come la parte sia nel
tutto e il tutto nella parte, esprime per eccellenza come l’attività
sportivo-motoria conduca all’utilizzo integrato di tutte le facoltà umane in
cui impegno, volontà, strategia, concentrazione, gestione dell’istintività,
energie personali, capacità neuro-motorie costituiscono un tutt’uno simbiotico
difficile da identificare attraverso evidenze scientifiche che pretendono di
dare riferimenti basandosi in modo parcellare solo su fattori
organico-muscolari.
Al fine di poter proporre un modello che assicuri una
reale completa trasferibilità didattica nei corsi per istruttori di sport
giovanile (Kirkpatrick &
Kirkpatrick, 2006), è in atto lo studio di verifica con metodo
scientifico di un processo metodologico di intervento formativo (Figura 4)
articolato nelle seguenti fasi:
1.
Formazione
teorica di riferimento degli istruttori di tipo models-integrated
e multisport;
2.
Formula di
laboratorio proattivo incentrata sul condividere, decidere e formulare
obiettivi di insegnamento, discutere questi ultimi con gli uditori e riflettere
sulle decisioni didattico metodologiche;
3.
Organizzazione
di tirocini (congruenti con le conoscenze dei temi teorici trattati) con
proposte che gli istruttori devono formulare per i loro colleghi e a bambini di
differenti categorie sportive
4.
Analisi degli
effetti della proposta formativa sulla capacità didattica degli istruttori e
sul transfert che questi effetti presentano sulla competenza motoria, sull’enjoyment, sulla percezione di self-efficacy
e sulla quantità di impegno fisico-motorio dei bambini frequentanti i corsi nei
quali questi istruttori svolgono la propria attività educativa;
5.
Confronto
degli effetti di questa formazione con quelli di istruttori di sport giovanile
che seguono la formazione standard, prevalentemente di tipo
tecnico-addestrativo, delle federazioni sportive.
Figura 4. Framework relativo al processo metodologico di
intervento formativo e dell’indagine con metodo scientifico per verificarne gli
esiti.
Lo studio intende indagare se un protocollo
formativo di tipo laboratoriale proattivo, che alterni momenti di formazione
teorica, di riflessione di gruppo e di strutturazione di tirocini a tema
(rivolti sia a colleghi che a bambini) sia realmente efficace nella costruzione
di un istruttore didatticamente competente. Inoltre, un ulteriore obiettivo di
indagine è rivolto a verificare come una tipologia di formazione models-integrated, multilaterale, polivalente e multisport
degli istruttori possa realmente determinare una diretta trasferibilità di
risultati in termini di educazione del corpo e di educazione attraverso il corpo
nei bambini e giovani frequentanti corsi specifici di avviamento allo sport (Sgrò & Lipoma,
2019).
Si ipotizza che tale processo di formazione possa
condurre a miglioramenti significativi nella capacità didattica degli istruttori
e nella consapevolezza degli effetti del proprio insegnamento in relazione alla
metodologia models-integrated/multisport e
agli stili di insegnamento utilizzati. Si auspica che il miglioramento della
capacità didattico-metodologica si traduca in risultati evidenti sul piano
psicomotorio e psicologico nella formazione delle squadre giovanili affidate
agli istruttori facenti parte del gruppo sperimentale rispetto a coloro (gruppo
di controllo) che seguono una formazione tradizionale mono-sportiva e
prevalentemente di tipo tecnico-addestrativo.
Il corso di formazione è strutturato come segue:
-
4 incontri di
6 ore e 15' per incontro (25 ore totali);
-
parte teorica
in aula (2 ore e 15') articolata con il seguente criterio: teoria integrata con la pratica successiva del tirocinio (30/40
min); lavoro di gruppo con confronti sugli argomenti teorici trattati (15/20
min); domande dai lavori di gruppo (un incaricato raccoglie le richieste di
chiarimento emerse dal confronto precedente e le rivolge ai formatori, 10 min);
teoria preparatoria allo sviluppo delle lezioni pratiche (30/40 min); lavoro di
gruppo rivolto alla preparazione degli interventi di tirocinio (lezioni a tema
e organizzazione metodologica del momento didattico, 15/20 min); domande dai
lavori di gruppo con richiesta di ulteriori chiarimenti sul tirocinio (10 min);
-
Parte pratica
in campo, tirocinio con gli allenatori con una alternanza nei ruoli di
istruttore, allievo, osservatore (2 ore);
-
Parte pratica
in campo, tirocinio in campo con i bambini con una alternanza nei ruoli
istruttore, osservatore (2 ore).
I partecipanti alla formazione, in questo
protocollo preliminare, sono gli istruttori di rugby di alcune società sportive
dell’hinterland di Milano. I bambini delle squadre giovanili da questi allenate
sono altresì coinvolti in misurazioni di alcune variabili per individuare
eventuali cambiamenti ascrivibili al processo formativo. Gli istruttori
partecipanti alla formazione e le rispettive squadre giovanili sono considerati
quali gruppi sperimentali, mentre gli insegnanti che non riceveranno alcuna
formazione aggiuntiva e le relative squadre rappresentano i gruppi di
controllo.
Relativamente ai bambini, è previsto il
reclutamento di almeno 150 soggetti per gruppo (300 in totale) al fine di
considerare eventuali drop out. Si tratta di circa il 40% di soggetti in
più rispetto al campione derivante dal calcolo del sample size (210), ma
necessario per garantire la massima rappresentatività statistica.
I criteri di inclusione sono la partecipazione al
corso di avviamento al rugby. I criteri di esclusione sono la presenza di
patologie fisiche (per es. di tipo muscolo-scheletrico) e/o cognitive (per es.
disabilità cognitiva) che potrebbero alterare il normale svolgimento delle
prove.
Relativamente agli istruttori, lo studio si
rivolge ad un campione di istruttori federali di rugby frequentanti un corso di
formazione organizzato in collaborazione con una delle società sportive
coinvolte. Si tratta di 24 istruttori del settore giovanile. Gli istruttori
delle altre società compongono il gruppo di controllo.
Lo studio segue il modello del randomized
control trial e prevede:
-
per i
bambini: la somministrazione di
test motori, questionari e di un periodo di allenamento di 100 ore totali per
corso distribuite in 3 allenamenti settimanali di due ore.
-
per gli
istruttori: corso di formazione incentrato
sugli stili di insegnamento (Siedentop &
Tannehill, 2000), sulla physical
literacy (Hastie & Wallhead, 2015), l’integrated
model di Balyi et al. (2013) e sui teaching
games for understanding (Kirk & MacPhail, 2002), per complessive 24 ore (ripartite in: 8 ore
teoriche e di laboratorio proattivo; 8 ore di tirocinio ai colleghi; 8 ore di
tirocinio ai bambini); somministrazione di formulari di osservazione e
video-analisi della didattica durante le prove di insegnamento. Inoltre, un
questionario relativo al livello di gradimento-soddisfazione dei partecipanti
verrà somministrato al termine del corso di formazione.
Relativamente al campione rappresentato dai
bambini, è prevista la rilevazione dell’età, del sesso, delle misure
antropometriche (peso, altezza e BMI) e la somministrazione di alcuni test per
valutare la competenza motoria: il Körperkoordinationtest
für Kinder (KTK) allo scopo di misurare le
capacità coordinative (Kiphard &
Schilling, 1974); il Physical
Activity Questionnaire for Older
Children (PAQ-C) per determinare il livello di attività fisica degli
ultimi 7 giorni includendo le attività sportive, ricreative, danza,
arrampicata, ciclismo, ma anche le attività non strutturate (Crocker et al.,
1997); il Physical
Activity Enjoyment Scale (PACES) per misurare l’enjoyment all’attività svolta (Moore et al.,
2009); il Physical self efficacy
scale for children (PSES) per valutare
l’autopercezione della propria
efficienza fisica nelle abilità motorie (Colella et al.,
2008), il Game Performance Assessment Instrument
(GPAI) per valutare la comprensione tecnico-tattica del gioco (Oslin et al.,
1998).
Relativamente agli istruttori è prevista la
rilevazione di informazioni relative agli anni di insegnamento, età, formazione.
Inoltre, è attuata l’analisi delle capacità didattiche degli istruttori e il
gradimento della formazione attraverso il Teaching
Styles Questionnaire (TSQ) (SueSee et al.,
2018), l’Internship evaluation sheet
in physical education and sports (IESPES) (Dewi &
Kartowagiran, 2018), e il Questionnaire
of satisfaction (QS) (Kirkpatrick &
Kirkpatrick, 2006).
Per verificare gli stili di insegnamento degli
istruttori e i livelli di impegno fisico dei bambini, le lezioni saranno
videoregistrate e successivamente valutate mediante i sistemi IFITS (Curtner-Smith,
2010) e SOFIT (McKenzie et al.,
1992).
La somministrazione dei test si svolge durante le
ore di pratica dei corsi di avviamento al rugby ed è condotta da un team di esperti in Scienze Motorie e studenti di
dottorato.
Lo svolgimento dello studio preliminare prevede
una durata complessiva di circa 6 mesi.
Oltre alla verifica della ripetibilità delle
misure ed alla statistica descrittiva dei risultati è previsto il confronto dei
risultati tra il gruppo sperimentale e di controllo e, soprattutto, l’analisi
dei fattori di mediazione e moderazione secondo l’approccio di Baron and Kenny
(1986), prendendo come outcome primario il test
di competenza motoria (KTK) essendo la variabile dipendente continua più rappresentativa
del successo del programma formativo (la formazione ha successo se gli istruttori
migliorano il proprio approccio didattico, con conseguenti benefici
apprezzabili nella competenza motoria dei loro allievi). La figura 5
schematizza le azioni di mediazione e moderazione nel rapporto diretto tra le
principali variabili in esame.
Figura 5. Processi di mediazione e moderazione nel
rapporto diretto tra effetto del Corso di formazione (Multi-sport
Integrated model) sugli istruttori e ricadute sulla
competenza motoria (padronanza corporea) degli allievi, misurata tramite Körperkoordinationtest für Kinder
test (KTK).
Il protocollo si attua secondo la seguente
timeline operativa:
1.
Analisi
situazione di partenza gruppi squadra settori giovanili (KTK, PSES,
PACES, PAQ-C, GPAI)
2.
Corso di
formazione istruttori (Parte teorica in aula – sapere; lavori di gruppo
in aula - elaborare e saper fare; tirocini su colleghi istruttori - saper
far fare; tirocini su bambini - saper far fare)
3.
Analisi del
saper far fare istruttori (Schede di valutazione del tirocinio; schede
osservazione tirocinanti - osservazioni reciproche tra colleghi istruttori; TSQ
- presa di coscienza dello stile di insegnamento utilizzato e degli effetti che
i differenti stili producono; IFITS/SOFIT - qualità dell’insegnamento
rilevata attraverso analisi video durante il tirocinio su bambini del settore
giovanile rugby
4.
Analisi
situazione finale gruppi squadra (KTK, PSES, PACES, PAQ-C, GPAI) e
risultati del corso di formazione istruttori (analisi capacità bambini
frequentanti i corsi di avviamento al rugby; analisi del livello di gradimento
del corso istruttori e della loro competenza didattica) con schede tirocinio
IESPES (2 valutazioni ciascuno in itinere + valutazione finale), TSQ,
IFITS/SOFIT (qualità dell’insegnamento rilevata durante il tirocinio su bambini
U10 e U12 – 4 rilevazioni), questionario finale di verifica del gradimento del
corso da parte degli istruttori, QS.
5.
Presentazione
dei risultati ottenuti e analisi effetti del percorso formativo svolto
6.
Confronto dei
risultati con un gruppo di controllo
Il processo didattico formativo proposto ha
seguito nella sua progettazione i principali indirizzi della letteratura
(Harvey & Jarrett, 2014; Sgrò & Lipoma, 2019) e si caratterizza per:
-
proposta ad
istruttori sportivi (in via preliminare di rugby) con pregressa esperienza
tecnico-sportiva su cui agganciare le ulteriori conoscenze e strategie
didattico-formative, in particolare attraverso attività multisportive
(basket, ultimate, calcio minipallavolo, peteca, judo) utili per un transfert specifico nella
disciplina;
-
sufficiente
durata della sperimentazione (sei mesi) e supporto agli istruttori da parte dei
formatori, in aula e sul campo, per garantire l’apprendimento ed il
consolidamento delle nuove competenze;
-
composizione del team di formatori (coordinatore scientifico,
coordinatore didattico, ricercatori, dottorandi e tesisti appositamente preparati
nella somministrazione dei questionari, dei test motori, delle riprese e
analisi video).
Si ipotizza che il modello utilizzato per
verificare l’efficacia del processo didattico formativo proposto saprà soddisfare
i quattro livelli cardine per la valutazione dei processi di insegnamento (Kirkpatrick &
Kirkpatrick, 2006):
-
Soddisfazione degli istruttori relativamente al programma ricevuto,
evidenziando punti di forza e debolezza;
-
Apprendimento
delle conoscenze, con maggior
consapevolezza degli stili di insegnamento utilizzabili e dei loro effetti, dei
linguaggi utilizzabili nella comunicazione in campo e in palestra attraverso
l’acquisizione di una teatralità espressiva, empatica e coinvolgente;
-
Modifica
del comportamento didattico
durante le esperienze di tirocinio con gli allenatori e con i bambini (capacità
di utilizzo di stili di insegnamento diversi e di una comunicazione più
efficace; miglioramento delle proprie capacità didattico-organizzative);
-
Risultati finali raggiunti (benefici acquisiti dai bambini che
seguono i corsi polisportivi di avviamento al rugby e determinati dal processo
didattico formativo seguito dagli istruttori).
Un buon esito dell’iniziativa darà conferma
dell’adeguatezza del metodo utilizzato per un’applicazione sostenibile in
ambito motorio-sportivo e per supportare il processo di physical
literacy utile per la vita.
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