Sports in the Italian Constitution: A Beginning that Must Take Shape for a Sports Welfare System

 

Lo sport nella costituzione italiana: Un inizio che deve prendere forma per un welfare sportivo

 

Nicola Lovecchio

Dipartimento di scienze biomediche per la salute, Università degli Studi di Milano (Milano, Italy) – nicola.lovecchio@unimi.it

https://orcid.org/0000-0003-4115-0833

 

ABSTRACT

The Italian Constitution has been amended by adding a new clause, which formalizes the Republic’s recognition of the educational, social, and well-being-promoting value of sporting activities in all their forms. Despite clear legislative delays, one can take inspiration from foreign constitutional documents (particularly that of Canada) and begin to implement plans that make this new recognition effective and pragmatic. For instance, it could be possible to implement a subsidiary policy promoting sports in small, isolated centres, standardize health promotion interventions across all regions of the peninsula, allocate funds for pedagogical scientific research, mandate a sports director in fitness centres, ensure a welfare service for elderly individuals, and increase tax relief for families. The transition from law to practice must be prompt for a true sports welfare system.

 

La Costituzione italiana è stata modificata attraverso l’inserimento di un nuovo comma, il quale formalizza il riconoscimento da parte della Repubblica del valore educativo, sociale e promotore del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. Nonostante, sia evidente un ritardo legislativo si può prendere esempio da carte costituzionali straniere (in particolare quella del Canada) e iniziare a far discendere piani attuativi che rendano effettivo e pragmatico questo nuovo riconoscimento. Per esempio, si potrebbe realizzare una politica sussidiaria di promozione dello sport nei piccoli centri isolati, uniformare gli interventi sulla promozione della salute in tutte le regioni della penisola, stanziare fondi per la ricerca scientifica a carattere pedagogico, introdurre l’obbligatorietà di un direttore sportivo nei centri fitness, garantire un servizio di welfare per i soggetti anziani e incrementare lo sgravio fiscale per le famiglie. Sollecito dovrà essere il passaggio dalla legge alla pratica per un vero welfare sportivo.

 

KEYWORDS

Health promotion, Sports directors, Educational value, Subsidiarity, Sports welfare

Promozione salute, Direttori sportivi, Valenza educativa, Sussidiarietà, Welfare sportivo

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Author declares no conflicts of interest.

 

RECEIVED

January 24, 2024

 

ACCEPTED

July 28, 2024

 


 

1. Introduzione

 

Partendo dal passato, è curioso ma anche interessante e intrigante ricordare che, nel testo originale, la Costituzione italiana (1948) non faceva menzione dell’attività sportiva (CU0020b). Il discorso sulla questione dello sport fu, infatti, marginale e concentrata principalmente sugli interventi pubblici volti a garantire l’attività motoria e la salute dei giovani attraverso il ripristino (prima), la manutenzione e, poi, la realizzazione ex-novo delle necessarie strutture.

Obiettivamente, in quel momento, l’assenza dello sport nei dibattiti dell’Assemblea Costituente può essere attribuita a due fattori principali: il rigetto dell’uso strumentale dello sport (e dell’uomo sportivo vittorioso) che il regime fascista aveva adottato come strumento di propaganda politica e veicolo della propria ideologia e secondariamente per le difficili condizioni economiche e sociali ereditate dalla Seconda Guerra Mondiale che spostarono l’attenzione, ovviamente, su temi e assetti (economia, definizione del sistema democratico, organizzazione dello Stato e dei rapporti tra cittadini) molto più decisivi in quel preciso momento storico (CU0020b). Ecco che nel contesto costituzionale italiano si registrò una debole considerazione per lo sport se non per un sporadico (e forse unico secondo gli atti) intervento dell’on. Giuliano Pajetta (seduta del 19 aprile 1947), che durante la discussione sull’articolo 31 (inerente le provvidenze e i sostegni per la formazione della famiglia e l’adempimento dei relativi compiti) sottolineò l’importanza di considerare lo sport come garanzia per una gioventù sana (CU0020b): anticipando, nei fatti, la transizione ad un concetto di sport focalizzato sulla prevenzione delle malattie (Eid et al., 2012).

Dopo oltre 70 anni, periodo dove i boicottaggi di Mosca e Los Angeles hanno rappresentato gli unici momenti in cui lo sport approdò prepotente nelle decisioni parlamentari (Sbetti, 2012), la proposta di legge costituzionale (sia da parte della Camera dei deputati sia del Senato della Repubblica) per introdurre esplicitamente lo sport tra i valori tutelati dalla Carta fondamentale ha vissuto la sua approvazione definitiva.

È così che la Costituzione è stata modificata attraverso l’inserimento di un nuovo comma, il quale sancisce il riconoscimento da parte della Repubblica del valore educativo, sociale e promotore del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. La legge costituzionale n. 1 del 26 settembre 2023 ha, quindi, formalizzato questa modifica del codice, affermando un inizio di considerazione ufficiale dello sport nel contesto nazionale. Essa, infatti, recita: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

In particolare, il testo della legge si compone di un unico articolo, aggiungendo il nuovo comma all’articolo 33 e delineando chiaramente il riconoscimento dell’importanza delle attività sportive per la popolazione (società) e la salute pubblica (CU0020b).

 

2. Alcune distorsioni

 

La formulazione del testo fa emergere chiaramente alcune distorsioni che sono in parte eredità del passato e di alcune forma mentis (Tulli, 2012). Innanzitutto, la scelta del verbo “riconosce” indica precipuamente una visione dell’attività sportiva come realtà pre-esistente della quale la Repubblica semplicemente prende atto (CU0020b) e a cui, si spera, ci sia un seguito di tutela, promozione e potenziamento.

Il contenuto assiologico dell’attività sportiva è articolato su tre direttrici (educazione, socialità e benessere) poste in relazione paritetica anziché in un rapporto gerarchico. Emerge il valore educativo connesso allo sviluppo e alla formazione della persona come indicato dalla collocazione nell’articolo 33 (dedicato all’istruzione) ma non viene fatto riferimento alle figure professionali che dovrebbero promuovere e costruire il valore educativo (Lovecchio, 2023). Lo sport è associato al valore sociale perché spesso è considerato un elemento di aggregazione e uno strumento d’inclusione per condizioni di svantaggio, deriva o marginalità ma si dimentica che lo sport non è ipso fatto aggregante, equo e inclusivo (Lovecchio & Borgogni; 2022): anzi spesso è divisivo ed economicamente iniquo .

Infine, nella società industrializzata e post-informatizzata la salute è un correlato della pratica motoria (in questo ambito si è ribaltato il fenomeno fisiologico rispetto a ciò che la natura ha predisposto) per cui la salute (interpretata nella sua moderna concezione di benessere psico-fisico integrale della persona, Sallis, 2009) deve essere riconquistata come elemento di benessere psicofisico. Quindi siamo certi che sia lo sport e non l’attività motoria la vera forma di saluto-genesi (Joy et al., 2012)?

Sicuramente l’espressione “in tutte le sue forme” accostata a “attività sportiva” evidenzia, positivamente, l’intenzione di includere ogni sfaccettatura dello sport nell’ambito normativo ma cosa si intende per attività sportiva? Con il termine sportiva il legislatore sotto-intendeva competitiva? Sarebbe stata più adeguata l’espressione attività motoria?

La sottolineatura circa l’importanza educativa, sociale e sanitaria esprime la volontà di includere e considerare nella normativa, l’intera gamma di espressioni sportive ma, ancora, non sarebbe stato meglio parlare di attività educative, ricreative e di esercizio terapeutico (Siedentop & Van der Mars, 2022).

La collocazione normativa nell’articolo 33, anche a parere personale, è stata idonea data la sua portata ampia che include arte, scienza e istruzione. Sicuramente il desiderio di evitare una dissonanza normativa con l’articolo 32, che è incentrato sul diritto alla salute, e la franca volontà di sottolineare la dimensione “individuale” hanno collocato il nuovo comma nell’articolo 33, dedicato all’insegnamento delle arti e delle scienze (CU0020b). Quindi, perché non è stata inclusa esplicitamente il riferimento all’Educazione fisica? Non come riferimento alla disciplina scolastica ma come dimensione educativa che il gioco e lo sport hanno intrinsecamente (Lovecchio, 2023). Questa omissione, a parere personale, appare come una dichiarazione tronca e meritevole di ulteriori approfondimenti.

Infine, essendo citato il valore di promozione del benessere psicofisico perché non viene fatto riferimento (ovviamente in termini generali) ad altri articoli della Costituzione che dispongono le condotte dello Stato rispetto alla salute? Come non rimandare direttamente all’altrettanto recente decreto (D.L. 28 febbraio 2021, n. 36) che ha istituito la figura del chinesiologo per la conduzione di attività motorie a carattere compensativo […] finalizzate al mantenimento e al recupero delle migliori condizioni di benessere fisico […] attraverso la promozione di stili di vita attivi e come recita il punto b) il miglioramento della qualità della vita.

 

3. L’Unione europea solo sull’autonomia organizzativa

 

In ambito internazionale le organizzazioni intergovernative quali UNESCO, Consiglio d’Europa e Unione Europea, negli anni si sono solamente occupate di esaminare i livelli di autonomia sportiva che fino agli ‘80 non erano mai stati menzionati (Chappelet, 2010). Infatti; negli anni Settanta e Ottanta, la Carta europea dello sport per tutti emanata dal Consiglio d’Europa come raccomandazione agli Stati membri (1976) e la Carta internazionale dell’educazione fisica e dello sport (1978) adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO omettono indicazioni di metodo sull’attività sportiva, soffermandosi solo sull’organizzazione della pratica sportiva rispetto alle altre forme aggregative e di relazione tra le persone. Dal finire degli anni ‘80, l’autonomia delle organizzazioni sportive inizia, più consistentemente, a comparire nei discorsi delle organizzazioni intergovernative europee, soprattutto durante le riunioni del Comitato per lo sviluppo dello sport del Consiglio d’Europa (Parrish, 2003). Nel 1992, il Consiglio d’Europa introdusse il concetto nell’articolo 3 della Carta europea dello sport per cui le organizzazioni sportive volontarie hanno il diritto di stabilire processi decisionali autonomi nel rispetto della legge. In particolare, sia i governi sia le organizzazioni sportive dovrebbero reciprocamente rispettare le loro decisioni (Parrish, 2003). Come evinto precedentemente, in Italia come a livello centrale europeo, non si ravvisano norme specifiche di valorizzazione dell’attività sportiva come diritto di ogni persona.

Solo nel 2000; nel corso del 9° Forum europeo dello sport a Lille, organizzato sotto l’egida della Commissione europea, il gruppo di lavoro sulla natura specifica dello sport ha sollecitato una riflessione sull’unicità dello sport con il suo ruolo sociale ed educativo e quindi sulle regole per promuovere lo sport tra la popolazione (Davis, 2000).

Successivamente, ma sempre nel 2000, la Dichiarazione di Nizza (in mancanza di un trattato ratificato che attribuisca alla Commissione europea la competenza in ambito sportivo) ribadendo l’indipendenza delle organizzazioni sportive ne sottolineò il funzionamento democratico e trasparente nel rispetto di specificità intoccabili nel diritto dell’UE: divieto di discriminazione basata sulla nazionalità e la promozione della parità di genere (Davis, 2000). Sicuramente due aspetti importanti del diritto che nelle disposizioni sulla cittadinanza dell’Unione sono attestate all’ambito sportivo come forma di lavoro e non come diritto delle persone che non sono professioniste dello sport.

In Europa altre indagini condotte sulle legislazioni sportive nazionali e sulla buona governance nello sport (commissionate dal Consiglio d’Europa; Chaker, 1999; 2004) hanno categorizzato i Paesi in due gruppi distinti (con legislazione sportiva non interventista e che quindi offre ampia autonomia alle organizzazioni sportive o con legislazione interventista dove la norma interviene in modo più marcato nel definire le politiche sportive). Parallelamente le strutture principali per i sistemi sportivi nazionali sono state identificate secondo quattro configurazioni in base al ruolo del movimento sportivo: configurazione missionaria (in cui prevale il movimento sportivo volontario; i.e. Austria, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo e Svezia), configurazione burocratica (dominata dalle autorità pubbliche; i.e. Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna), configurazione imprenditoriale (predominanza di attori privati; i.e. Irlanda e Regno Unito) e la configurazione sociale (predominano gli agenti sociali: i.e. Paesi Bassi).

 

4. Le diversità costituzionali nel mondo: distorsioni e virtuosismi

 

Se a livello europeo non viene esaltato specificatamente il valore educativo e sociale dello sport; in alcune singole costituzioni ci sono esempi virtuosi e meritevoli che spesso non hanno caratteri comuni e trasversali. Infatti, a livello internazionale è difficile trovare omogeneità di pensiero e indicazioni simili per ragioni ascrivibili alla storia politica dei singoli Stati e alle condizioni di sviluppo economico (Soek, 2006).

Alcuni Paesi hanno inserito nella propria Costituzione una o più disposizioni relative allo sport: alcune Costituzioni hanno un paragrafo separato sullo sport, altri hanno previsto che lo Stato assicuri la tutela della salute dei cittadini promuovendo lo sviluppo dello sport mentre alcuni interconnettono la promozione delle attività sportive alla promozione della cultura o dei momenti ricreativi (Soek, 2006).

Oltre ai caratteri propri di uno Stato le differenze rispetto ai riferimenti allo sport dipendono anche dalla difficile definizione di sport (determinate dall’obiettivo dello sport come competizione, saluto-genesi o prosociale) su cui il quadro giuridico si è basato per formulare le leggi (Davis, 2000): è proprio la definizione adottata come premessa ai testi costituzionali che ha determinato differenze nelle disposizioni di legge. In alcune Costituzioni, invece, la definizione di sport è assente facendo presume che lo sport sia un fenomeno sociale che non necessita di ulteriori definizioni.

I Paesi (Soek, 2006) che hanno promulgato leggi sullo sport, come mezzo per il miglioramento della salute e dello sviluppo fisico dei cittadini, riportano che lo Stato si dovrebbe dedicare allo sport nelle sue diverse manifestazioni considerando come obiettivo fondamentale l’utilizzo dello sport come fattore di salute fisica e morale della popolazione (Argentina) o che lo scopo dell’educazione fisica e dello sport è il miglioramento della salute e dello sviluppo fisico della nazione attraverso l’esercizio fisico sistematico da parte di persone di tutte le età (Bulgaria). Il Canada promuove l’attività fisica come elemento fondamentale della salute e del benessere e incoraggia tutti i canadesi a migliorare la loro salute con attività fisica nella loro vita quotidiana mentre la Croazia enfatizza un interesse particolare per le attività fisiche e i giochi organizzati e svolti per migliorare la salute dei bambini/giovani, o per migliorare la salute e i momenti ricreativi delle persone disabili. Anche la fittizia Repubblica Popolare Cinese (Soek, 2006) ha una legge formulata con lo scopo di promuovere la causa dello sport, migliorare la salute del popolo, elevare il livello delle attività sportive e accelerare la costruzione della civiltà materiale e spirituale socialista. Infatti, nel loro articolo lo Stato deve promuovere la causa dello sport, realizzare attività sportive di massa e migliorare la salute dell’intera nazione. Tutti gli sforzi relativi alla causa dello sport si basano sulla promozione di attività di sviluppo fisico mentre, nel contempo, i cittadini sono incoraggiati a integrare l’attività fisica nella loro routine quotidiana per migliorare la loro salute.

Altri Stati esaltano la posizione dello sport nella società. La Repubblica Ceca (Numerato & Flemr, 2013) definisce la posizione dello sport nella società come attività benefica per il pubblico mentre Malta dichiara che l’educazione fisica e lo sport devono essere insegnati e praticati in tutte le scuole primarie e secondarie. Il Canada per poter migliorare il benessere fisico dei cittadini attraverso lo sport (Thibault & Harvey, 2013) ribadisce che è necessario creare alcune condizioni che facilitino la pratica sistematica dell’attività fisica e dello sport: cioè contribuire a ridurre le barriere che impediscono a tutti i canadesi di essere attivi.

Una legge sullo sport può essere utilizzata anche per diffondere il rispetto per gli altri esseri umani e per le loro differenze culturali: la Finlandia ha una legge per promuovere l’uguaglianza e la tolleranza, la diversità culturale e lo sviluppo sostenibile dell’ambiente attraverso lo sport. La Mongolia rispetto all’auto-rispetto si fa garante di uno sport libero dal doping come valore etico. Di nuovo, il Canada ha scritto che la politica in materia di attività sportiva fonda il trattamento delle persone con equità/rispetto e con piena ed equa partecipazione di tutti allo sport (Soek, 2006).

In alcune Carte costituzionali viene anche premesso il valore ricreativo e di intrattenimento della popolazione: l’Argentina si rivolge allo sport (Trevisán, 2006), nelle sue diverse manifestazioni, come fattore educativo coadiuvante alla formazione integrale dell’uomo e come risorsa per la ricreazione e lo svago della popolazione.

Infine, pare interessante riportare tre casi che in modo non-casuale sono esempi di promozione ampia o addirittura di sola definizione economica (Athayade et al., 2021).

In Spagna, il terzo capitolo (Titolo I) della Costituzione, del 1978, stabilì la responsabilità dello Stato nel promuovere la pratica sportiva, in quanto definisce le autorità pubbliche come promotrici dell’educazione alla salute, dell’educazione fisica e dello sport, nonché dell’uso corretto del tempo libero. Inoltre, nella descrizione delle competenze delle Comunità autonome spagnole (Constitución Española, 1978) questi precetti vengono rafforzati: Bodin (2011) esalta la legislazione spagnola prodotta nel periodo 1975-2000 come un Carta utile a costruire uno sport per tutti partendo dalla genesi di una politica sociale sportiva allineata allo sviluppo socio-economico.

Seppur positivo bisogna anche ricordare che, successivamente, la Legge 10/1990 ha riconosciuto, da parte dello Stato, i diversi aspetti del fenomeno sportivo come un’attività libera e volontaria dando priorità, nei fatti, alle iniziative volte alla cooperazione per lo sport professionistico mentre la promozione dello sport popolare/per tutti è diventata secondaria (Lasarte et al., 2008).

Il Brasile, che vide una dittatura militare, riuscì nel 1988 ad inserire, nella Costituzione, lo sport come diritto e quindi come una responsabilità dello Stato. Parafrasando la loro Costituzione si legge che lo Stato ha il dovere di promuovere le pratiche sportive formali e non formali, come diritto di ciascuno.

L’Olanda, tra il 2001 e il 2005, visse un periodo di fermento politico sull’opportunità di emanare una legislazione sportiva nazionale. Il professor van Staveren (docente di Sport e Diritto presso la Libera Università di Amsterdam) su sollecito del Segretario di Stato per lo Sport, concluse, dopo un lungo periodo di riflessione, che non vi era motivo di emanare una legislazione nazionale specifica per lo sport. Infatti, nel 2005 il tema ritornò di interesse ma solo sugli ambiti legati al doping, alle violenze negli stadi e alle sponsorizzazioni (Drongelen & Jellinghaus, 2022): nulla riguardante i diritti della persona.

 

5. Riflessione su un comma

 

Come si evinto non è scontato parlare di Sport nelle carte costituzionali e tantomeno trovare una linea di pensiero comune. Per ragioni storiche, di disinteresse e competenze politiche (Calzolaio & Gaballo, 2012) l’Italia si è allineata con molti anni di ritardo rispetto alla definizione della propria Costituzione. Un vuoto che, eliminando le polemiche, deve essere colmato. Infatti, un articolo in Costituzione non significa che lo sport sia diventato un diritto: è semplicemente il riconoscimento che la dimensione sportiva ha delle valenze educative, prosociali e di promozione del benessere psicofisico.

Insieme all’ottimismo iniziale, dobbiamo per completezza di analisi (che servirà a condurre i successivi passi) evidenziare che la collocazione nell’articolo 33 è interessante perché è quello che riguarda insegnamento delle arti e delle scienze nelle scuole d’Italia (comprese quelle libere e non statali): ma perché si parla di attività sportive e non si è aggiunto la dimensione scolastica dell’Educazione fisica? Sembra proprio una dichiarazione troncata considerando che la disciplina è parte del curriculum di tutti gli indirizzi scolastici, delle scuole secondarie di I grado e da un paio di anni scolastici, guidata da laureati in Scienze motorie, anche nelle classi quarte e quinte della scuola primaria: a seguito dell’articolo 1, comma 329 e ss., della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Una facilità per lo Stato di favorire un diritto e una capillarità anche verso i genitori che non è stata sottolineata.

Cosa significa attività sportiva in tutte le sue forme? Cosa intendeva il legislatore con sportiva? Perché non ha usato il termine “attività motoria”?

Sicuramente i piani attuativi e i codici che da questo articolo discenderanno potranno chiarire la logica e il pensiero politico di un primo passo sicuramente innovativo per l’Italia. Rimane scontato che, senza far passare ancora molti anni, bisognerà passare alle leggi attuative.

 

6. Proposte

 

Una legge sullo sport è sicuramente la base fondativa legale e quindi organizzativa, per uno Stato civile, per promuovere ambiti e relazioni ma codici e decreti sulla regolamentazione delle relazioni tra le organizzazioni sportive, lo Stato, le autorità locali, la scuola e i privati nell’ambito dello sport sono di vitale importanza.

Di seguito alcuni suggerimenti che possono, con un’oculata gestione di fondi, diventare attuazione di buone pratiche per sviluppare, realmente, le valenze/potenzialità educative, sociali e di promozione del benessere per la popolazione:

 

·       come in Estonia e in Mongolia (Soek, 2006), lo Stato potrebbe intervenire nella promozione e nella gestisce dello sport in quei piccoli centri dove non ci sono soggetti terzi che propongono aggregazione intorno a società sportive: una sorta di sussidiarietà invertita;

·       la legge potrebbe armonizzare (come in Messico; Soek, 2006) gli interventi sulla promozione della salute che in Italia (si veda a riguardo le palestre della salute) vivono disparità regionali e assenze ingiustificate;

·       tralasciando gli scopi legati alla difesa nazionale, si può sollecitare, come nella Repubblica Popolare Cinese (Soek, 2006), che vengano messi a disposizione fondi per la ricerca scientifica sullo sport che non siano solo a livello fisiologico-ormonale ma anche a carattere pedagogico;

·       si potrebbe introdurre l’obbligatorietà di un direttore sportivo con specifico titolo accademico in ogni società sportiva, ASD o centro fitness che sia garante dell’operatività dei lavoratori in esse coinvolti;

·       garantire come servizio di welfare, gestito dalle aziende sanitarie locali, attività di promozione e sviluppo dell’attività fisica nei soggetti anziani con voucher che garantiscano gratuità a coloro che negli anni hanno già pagato le tasse;

·       incrementare la percentuale dello sgravio fiscale per le famiglie che fanno frequentare corsi di attività motoria o avviamento allo sport ai figli minori di 18 anni e magari estenderlo al di sotto dei 5 anni.

 

7. Conclusioni

 

La ratio legis di una Legge sullo Sport deve diventare un’ambizione per tutte le forze politiche e un desiderio di larghi consensi fra la popolazione. Non si tratta di emanare semplici protocolli di intesa o regolamenti (che sono solo una forma giuridica) ma di comprendere l’opportunità generativa che questa novità costituzionale ha in potenza. Dal nuovo comma della costituzione si potranno stanziare fondi per un vero sostegno e quindi un vero sviluppo delle attività sportive (preferirei dire motorie) per tutte le fasce di età (non solo quelle legate alla scuola dell’obbligo). Con un dialogo gestito dalla sotto-segreteria con delega allo sport si potrà definire una coordinazione degli/fra gli enti che a vario titolo trattano, gestiscono e promuovono l’attività motorio-sportiva (Federazioni, EPS; ASD, imprese sociali, municipalizzate): questo diventerebbe un vero sistema cooperativo e virtuoso per ampliare a tutti gli strati e classi sociali della società la pratica (soprattutto di tipo ricreativo). Le agenzie del territorio potrebbero avere mandato di monitorare le buone pratiche più diffuse nelle province o nei territori così da censire virtuosismi da diffondere oppure rilevare luoghi e situazioni lacunose per innescare soluzioni rapide e contestuali.

Le collaborazioni con le ASL in sinergia con i chinesiologi potrebbero, realmente, allargare la sorveglianza sanitaria primaria attraverso il più economico strumento di saluto-genesi.

Questi suggerimenti potrebbero veramente essere l’inizio legislativo di un originale welfare sportivo. Non un’ulteriore serie di leggi e regolamenti sul fair play finanziario o sulle leggi che regolano i diritti televisivi o le tassazioni dei professionisti. Il nuovo articolo, per fortuna, non parla di sport professionistico e non richiama in alcun modo l’autonomia dello sport competitivo dalla legge ordinaria.

La legge n. 1 del 26 settembre 2023 è una pietra miliare nella storia che speriamo diventi testata d’angolo per dare vita anche ad altre attuazioni di legge (si veda a titolo esemplificativo i decreti legislativo 36, 37, 38, 39 e 40 del 2021). Per esempio; per far si che il valore educativo e pro-sociale sia effettivo bisognerà disporre di infrastrutture e meglio regolamentare, a livello di adempimenti, le società sportive dilettantistiche che così potranno beneficiare di tutti i vantaggi del loro status.

Sul fronte operatori, i lavoratori del settore dovranno essere favoriti nell’avvio e nella prosecuzione di una professione legata alla promozione della salute.

Non c’è tempo da perdere. È necessario dare risvolto a un nuovo comma che finalmente riconosce la dimensione sportiva come un fatto della vita delle persone. È il momento utile e favorevole per realizzare un reale welfare sportivo.

 

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