Book Review:
Etnografia della scuola: La cultura materiale dell’educazione by
Augustín Escolano Benito
Recensione:
Etnografia della scuola: La cultura materiale dell’educazione di Augustín
Escolano Benito
Camilla
Boschi
Dipartimento di
Studi Umanistici, Università di Ferrara – camilla.boschi@edu.unife.it
https://orcid.org/0000-0001-5083-5952
REVIEWED
BOOK
Escolano Benito,
A. (2023). Etnografia della scuola: La
cultura materiale dell’educazione. Bergamo: Junior. 160 pp. € 24.00.
ISBN-13: 978 8884349538.
Etnografia
della scuola: La cultura materiale dell’educazione è
uscito a Gennaio 2023 ed è edito da Edizioni Junior (Bambini S.r.l.).
Si tratta di una traduzione e revisione del testo originale ad opera di Paola
Bastianoni, con la quale Agustín Escolano Benito restituisce un’immagine densa e ricca del significato di ‘cultura
materiale della scuola’. Forte della passione che caratterizza l’autore
rispetto a questa tematica, unitamente al ricchissimo centro di ricerca da lui
diretto sito a Berlanga de Duero (CEINCE), che ospita un grandissimo archivio
di manuali scolastici provenienti da tutto il mondo, Escolano
Benito propone un’indagine che rappresenta il risultato di un’intesa vita
professionale e personale dedicata alla ricerca.
Che cosa si intende per ‘cultura materiale’? Che cosa
ci dicono gli oggetti e perché è così importante interrogarli? La prima parte
del testo cerca di rispondere a queste domande, delineando il presupposto
epistemologico e metodologico entro il quale si sviluppa la sua indagine. Il
punto di partenza della raffinata analisi di Escolano Benito è il
riconoscimento dell’importanza del ruolo del corpo e dell’oggetto come
strumenti disvelatori di processi storici, sociali e culturali. Parafrasando il
filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, l’autore denuncia
l’instaurazione di un mondo ‘svuotato di corporeità’, ‘riempito di informazioni
inquietanti’, nel quale la digitalizzazione regna imperante e collabora all’oblio
della funzionalità delle cose, del loro utilizzo, all’interno di un mondo
smaterializzato che sembra un gioco. Ecco che urge la ripresa non solo di un
discorso sulle cose, ma bensì di un dialogo con esse, poiché le cose ci parlano, bisogna solo imparare il
loro linguaggio, decodificarne i simboli, assegnarne significati. Ecco che
nelle cose, osservandole attentamente, possiamo scovare il mondo intero, le
persone che le hanno maneggiate e le emozioni che hanno provato, le storie e
gli ambienti a cui hanno partecipato, le rivoluzioni che forse hanno
contribuito a creare. Si tratta di, come affermava Italo Calvino, ‘riesumare i
silenzi’ registrati negli oggetti, per trovare il senso della cultura,
esplorarne la memoria, comprendendone la storicità. La componente corporea dell’uomo
è, riprendendo Richard Sennet, parte integrante di ogni opera di cultura, anche
della più intellettuale, in quanto la capacità pratica, l’operosità (technè) è sempre
in gioco per il raggiungimento di qualsiasi fine ed esprime i processi
creativi, comunicativi e formativi tra soggetto e oggetto. È questo il punto di
partenza dal quale si sviluppa l’analisi sulla cultura materiale della scuola.
Gli oggetti
della scuola non sono infatti mediatori neutrali, facilitatori dell’esercizio
dell’attività didattica per lo svolgimento di determinate azioni. Bensì essi
fanno parte dei ‘modi di produzione’ scolastica e delle regole procedurali che
hanno consentito la professione del docente e la relazione con gli alunni.
Spesso infatti, come osserva l’autore, ‘un cambiamento tecnologico mediato
dagli oggetti innesca una trasformazione nelle modalità di relazione e nel
lavoro scolastico, cioè una rivoluzione nel modo di produzione della pedagogia’.
È in questa prospettiva che l’impianto teorico della bellissima ricerca di Escolano
Benito, risponde a chi teme che la ricerca sulla cultura materiale della scuola
rischi di approdare a un discorso semplicistico, che non tiene conto della
complessità dei fenomeni, oppure a una deriva positivista che considera le cose
come mere oggettualità. L’approccio fenomenologico ed ermeneutico applicato all’indagine
etnografica promosso dall’autore, infatti, aiuta il ricercatore a
contestualizzare l’oggetto preso in esame, che deve essere conosciuto nel suo
interno profondamente e internamente nella complessità che rappresenta.
Si vedrà che l’insieme di oggetti, di spazi, di
edifici che hanno segnato la trasmissione della cultura scolastica, fin dalle origini della storia dell’istruzione,
è definito da Maria Montessori come “terzo maestro”, un ambiente dotato
di intelligenza, che influenza l’insegnamento, l’apprendimento, lo sviluppo del
corpo, gli sguardi, gli spostamenti, i rituali che caratterizzano la
quotidianità scolastica. L’analisi di questo ‘terzo maestro’ ci dice molto
rispetto all’idealtipo di uomo che una determinata società vuole formare, quale
tipo di cittadino deve assumersi la responsabilità di riprodurne i valori, l’immaginario,
i significati. Lo sguardo attento, raffinato e puntuale di Escolano Benito
propone letture di svariati contesti scolastici, stimolandoci a riflettere sul
rapporto tra tradizione e innovazione tecnologica, tra staticità e mutamento,
educandoci ad osservare la struttura che sottende i sistemi oggettuali,
invitandoci a tenere conto della globalità del contesto, ad osservare l’ecologia
della classe, come un ambiente in cui tra le parti c’è un rapporto di reciproca
interdipendenza. In gioco c’è la decodificazione del processo di
istituzionalizzazione, al fine di interpretarne le fasi, le finalità, i metodi,
stimolando una riflessione che ci aiuti nella costruzione di una scuola che sia
capace di rispondere ai bisogni del presente.
La seconda parte del testo, approfondisce il tema del
mestiere del maestro, che
l’autore associa all’attività che svolgerebbe un bricoleur, una persona che pratica il fai da te, quindi una sorta
di artigiano che può accedere a due diverse ‘cassette degli attrezzi’. Da un
lato, infatti, potrà far tesoro di tutta quella strumentazione, dei materiali
che riceve in eredita e che fanno parte delle dotazioni della scuola:
tecnologie, nuove attrezzature e dispositivi. Dall’altro, c’è però è bene
tenere sempre che il maestro,
come artigiano della formazione, è in possesso anche di una personale cassetta
degli attrezzi, di artefatti tecnici che dipendono dalla propria personalità, dalla
propria capacità immaginativa, dall’attitudine al fai-da-te. L’autore mostrerà come nel corso della storia gli
insegnanti abbiamo fatto tesoro della propria technè, di come abbiano declinato la loro immaginazione, dei giochi
inventati per la risoluzione di problemi empirici o per proporre nuovi approcci
didattici. I modelli pedagogici integrati sono un esempio della combinazione
tra la dimensione materiale e quella creativa, dando vita a congegni didattici che
ancora oggi rappresentano validi modelli. Il modello froebeliano, che ha avuto
una grandissima risonanza nelle scuole ordinarie di tutta Europa e America, ne
è un esempio, proponendo esperienze educative ispirate alle forme natura,
ottenendo un fortissimo impatto pedagogico. Un impatto simile lo ha avuto anche
il modello montessoriano, anch’esso ispirato dalle teorie froebeliane, che fa dei
materiali scolastici costruiti ad hoc,
la base per la realizzazione di esperienze senso-motorie e visuali molto
importanti per lo sviluppo del bambino. Materiali che promuovono esperienze di
identità, discriminazione, contrasto, forma, somiglianza, ordine, stimolo,
divenendo dispositivi ordinati per controllare il corpo e la mente secondo
determinati codici psicopedagogici che regolano l’apprendimento e preparano il
bambino all’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. Un
ulteriore esempio è la scatola dei numeri a colori con le strisce di legno di
Cuisinaire, i diagrammi di Eulero Venn o il gioco a blocchi logici di Dienes.
La cifra personale, immaginativa e creativa dell’insegnante unita alla
componente materiale, rappresenta per l’istituzione scolastica, la possibilità
di divenire uno spazio di formazione, in costante ricerca e sperimentazione sul
tema della didattica e dell’apprendimento. È un laboratorio di costruzione
della conoscenza e di trasmissione del sapere, la cui comprensione è molto importante
per comprendere la storia dell’istruzione, dell’educazione e della formazione,
al fine di indirizzare al meglio i nostri intenti educativi.
Lo studio proposto da Escolano Benito, ci stimola a
chiederci, come cittadini del mondo, quale scuola vogliamo per il nostro
futuro, quali sono le caratteristiche della scuola del presente, a quali
bisogni sta rispondendo. La ricerca etnografica guidata da uno spirito
ermeneutico svolta dall’autore, che ha costituito una parte integrante della
sua intensissima vita professionale, è testimoniata dagli oggetti, dai libri e
dalle opere presenti presso il museo de CEINCE, una tappa fondamentale per chi
vuole ricostruire un’archeologia del discorso scolastico. Unitamente ai testi
scritti, di cui il libro ne è un esempio, l’incontro con la fisicità degli
oggetti che raccontano la storia della scuola rappresenta l’occasione per
arricchire l’indagine del contesto nel quale si sono tramandati i saperi, i
pensieri e i valori tipici di una specifica epoca storica e del relativo
tessuto sociale. Questo tipo di indagine ci aiuta per orientarci all’interno
dello sviluppo storico, sociale e culturale che ha segnato il percorso della
civiltà occidentale.
Ogni epoca ha espresso negli oggetti adibiti alla
cultura e alla trasmissione del sapere uno specifico orizzonte di senso e di
idea di formazione dell’individuo. La sfida che le riflessioni di Agustín Escolano Benito lascia
aperta, è volta al mantenimento di una postura critica, che sia in grado di
ascoltare i silenzi, di rintracciare i non detti. Il libro è testimone di uno
studio intenso, che riabilita la corporeità e il rapporto soggetto-oggetto,
ristabilendo quella relazione dialettica tra le parti che dona significato e
valore all’azione creativa dell’essere umano che trasforma il mondo,
trasformandosi. Etnografia della scuola: la
cultura materiale dell’educazione non è solo un’indagine etnografica della
cultura materiale della scuola, ma è molto di più. Il testo insegna, a noi lettori, a maturare uno sguardo attento
sul mondo, a problematizzare il significato di technè, spronandoci a cercare sempre il senso profondo della nostra
azione nel mondo, a chiederci che cosa stiamo davvero costruendo con le nostre
parole, i nostri pensieri, le nostre relazioni e, soprattutto, con le nostre cose.