Motor activities and sensory education in a natural environment: Knowing the past to know how to plan the future

 

Attività motoria ed educazione sensoriale in ambiente naturale: Conoscere il passato per saper progettare il futuro

 

Ario Federici

Università degli Studi di Urbino Carlo Bo – ario.federici@uniurb.it

https://orcid.org/0000-0003-0878-4949

 

ABSTRACT

The exploration of the environment through the body and motor skills, become fundamental objectives for the discovery of both physical and geometric space, for the correct structuring of its body scheme by recovering the roots of our being in the world, discovering their memories, objects, The matter of things, of the natural elements of the landscape through action. Exercise in its components integrates perfectly at an interdisciplinary level by promoting recreational-recreational, relational, emotional actions, capable of soliciting a correct relationship with the natural environment. The scouting pedagogy is analyzed to understand the pedagogical methods of directing the boy's evolutionary personality towards the Inter sensorial unit and the most authentic meaning of these activities in a natural environment. Reality is considered as an emotional experience that implies the possibility of an involvement of all senses, modulated according to their magical polyphony.

 

L’esplorazione dell’ambiente attraverso il corpo e la motricità, diventano obiettivi fondamentali per la scoperta dello spazio sia fisico che geometrico, per la corretta strutturazione del proprio schema corporeo recuperando le radici del nostro essere al mondo, scoprirne le memorie, gli oggetti, la materia delle cose, degli elementi naturali del paesaggio attraverso l’azione. L’esercizio fisico nelle sue componenti si integra perfettamente a livello interdisciplinare promuovendo azioni ludico-ricreative, relazionali, affettive, capaci di sollecitare un corretto rapporto con l’ambiente naturale. Si analizza la pedagogia scautistica per comprendere le modalità pedagogiche di orientare la personalità evolutiva del ragazzo verso l’unità inter sensoriale e il significato più autentico di queste attività in ambiente naturale. La realtà è considerata come esperienza emozionale che implica la possibilità di un coinvolgimento di tutti i sensi, modulati secondo la loro magica polifonia.

 

KEYWORDS

Motor activity, Sensory education, Scouting, Emotions, Physical education

Attività motoria, Educazione sensoriale, Scautismo, Emozioni, Educazione fisica

 

CONFLICTS OF INTEREST

L’Autore dichiara che non sussistono conflitti d’interesse.


 

1. Introduzione

 

Il lungo e difficile periodo di pandemia, le forti limitazioni di vivere tra quattro mura ci sono sembrate autentiche prigioni e ci hanno fatto vedere e desiderare l’ambiente esterno dietro ad una finestra. Insieme ai contatti sociali, si sono accorciati gli spazi e dilatati i tempi, e forse mai come in questa forzata occasione abbiamo desiderato il contatto del nostro corpo con l’ambiente naturale, ricercato la sensorialità con gli elementi biotici e abiotici del sole, dell’aria, del profumo di un fiore, del canto di un uccello, del contatto di un albero, del fresco della rugiada. Esperienze forse mai vissute e desiderate così intensamente, ricercate per colmare quel vuoto di emozioni ancestrali, perché sono infatti le emozioni ad animare la vita e a dare forma e colore. La realtà è per noi tutti una esperienza emozionale che implica la possibilità di un coinvolgimento di tutti i sensi, modulati secondo la straordinaria polifonia tra l’aspetto percettivo e fenomenologico.

 

2. Scuola e Ambiente Naturale, problema o risorsa?

 

Il triste periodo che abbiamo vissuto può trasformarsi in uno stimolo positivo per la nascita di una nuova cultura dell’esercizio fisico, delle attività sportive, delle attività ricreative e del tempo libero per tutte le età, dal bambino all’anziano per ritrovare nel binomio natura e sport sia in ambito formale che informale, un fortissimo valore educativo e culturale. I nostri allievi hanno ulteriormente subìto il disagio ed il costante confronto di situazioni problematiche purtroppo già prima del periodo della pandemia, spesso vivendo in contesti culturali e sociali delle nostre città non a misura di bambino, in una scuola seduta, ipocinetica, statica ove le dimensioni del tempo e persino del semplice spazio esterno e tanto meno dell’ambiente naturale non sono mai stati fruiti sin dall’infanzia e negati nella vita reale, il tempo libero ridotto, ristretto in spazi angusti, sempre sotto il costante controllo di genitori ed adulti.

 

«Già all’inizio del secolo scorso Maria Montessori aveva intuito il legame speciale che esiste tra infanzia e natura cogliendone le immense potenzialità educative esternate nel suo primo libro (Il metodo della pedagogia scientifica applicato nelle Case dei Bambini 1909), dedicando ad esso un intero capitolo “la Natura dell’educazione”, poi ripreso nel testo La scoperta del Bambino 1950, dove sottolinea il contrasto esistente tra la vita naturale e quella sociale dell’uomo civilizzato. Troviamo perfino profetiche ancora oggi le sue parole quando afferma che ci sono ancora troppi pregiudizi su tale argomento, perché tutti ci siamo fatti volontariamente prigionieri e abbiamo finito con l’amare la nostra prigione e trasmetterla ai nostri figlioli. La natura si è poco a poco ristretta, nella nostra concezione ai fiorellini che vegetano, e agli animali domestici utili per la nostra nutrizione, per i nostri lavori, o per la nostra difesa. Con ciò anche l’anima nostra si è rattrappita (Montessori, 1951, p. 74). E prosegue (Montessori, 1951, p. 74): “la natura, in verità fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi come l’incendio”. Una forza che stimola l’apprendimento del bambino, non solo funzionale alla sua armonica crescita fisica, ma anche senso- percettiva, psichica e morale » (Federici, 2015, p. 105).

 

Il mondo scolastico ed educativo è chiamato a rispondere con differenti approcci pedagogici e didattici utili a stimolare le competenze personali degli allievi, promuovendo attività motoria in ambiente naturale e non semplicemente all’aria aperta. Risulta necessario creare all’interno dei contesti educativi, situazioni quanto più possibili reali nelle quali gli studenti possano, attraverso l’esperienza diretta in ambiente naturale, fare ricorso alle proprie percezioni sensoriali, esprimere abilità e conoscenze, agire in collaborazione, costruire nuovi saperi, sviluppare competenze, risolvere situazioni problematiche e adattarsi cognitivamente a specifiche circostanze.

 

«L’educazione Motoria in ambiente naturale può svolgere un ruolo essenziale nel creare un corretto atteggiamento nei confronti della natura attraverso un ritorno effettivo ad essa, per offrire ai ragazzi esperienze reali e concrete di vita all’aperto che porteranno a conoscere la natura e a rispettarla, responsabilizzando il comportamento di ognuno verso l’ambiente naturale ed insegnando come praticare le attività motorie in essa senza turbarne l’equilibrio». (Federici, 2015, p. 104).

 

Lo sviluppo della motricità si realizza attraverso il rapporto con il mondo esterno (oggetti, persone, ambiente) e sulla base delle conoscenze del proprio corpo, sperimentando la percezione attiva di numerosi stimoli multisensoriali ed un apprendimento autentico, diretto, cognitivo e sorretto affettivamente dalle emozioni. La Scuola Primaria si propone la presa di coscienza del valore del corpo, favorendo le attività motorie e lo sviluppo delle abilità utili per promuovere l’adattamento attivo all’ambiente, l’autonomia personale e la capacità di comunicare attraverso la propria individualità e i vari linguaggi. L’esplorazione dell’ambiente attraverso il corpo e la motricità, diventa obiettivo fondamentale per la scoperta dello spazio sia fisco che geometrico, per la corretta strutturazione del proprio schema corporeo recuperando le radici del nostro essere al mondo, scoprirne le memorie, gli oggetti, la materia delle cose, degli elementi naturali del paesaggio attraverso l’azione, per non perderne la realtà e non lasciarci travolgere dal virtuale, dal globale, dall’impermanente. È innegabile, comunque, che per attuare questo obiettivo, occorre disponibilità culturale e mentale da parte del singolo e di tutti gli insegnanti per rimuovere gli ostacoli che si frappongono, recepire nuove conoscenze metodologiche ed aprirsi alle sollecitazioni che provengono dalla società. Il nostro modo di lavorare è spesso “culturalmente chiuso”, come lo sono le aule, i laboratori, le palestre di tante scuole, dove il sapere è rigidamente scandito da un apprendimento statico, dell’ascolto. Si tratta di dare ai giovani la possibilità di correggere l’innaturale staticità a cui li obbliga la scuola con una pratica del movimento risolto non tra quattro rassicuranti pareti di una palestra, ma nell’ampio quadro che offre la natura, immersi in essa (Enrile, 1983). Innegabili «e palesi possono essere le difficoltà di reperire ambienti naturali idonei, specie nelle invivibili metropoli, in queste ancora più forte si sente l’impellenza culturale e fisica di avvicinare i giovani verso questo mondo» (Federici, 2015, p. 109).

Più facile si presenterà senza dubbio la realizzazione in plessi scolastici di periferia o lontani rispetto ai centri urbani. È fatto dovere di incrementare la ricerca di attività alternative, rimuovendo gli ostacoli culturali ed i preconcetti che si frappongono, dettati più dal timore di incidenti, di responsabilità, dalla poca esperienza avuta anche come docenti nel proprio percorso formativo professionale. Certamente è più facile trincerarsi dietro alla routine, chiudendo la porta a qualsiasi innovazione. «Troppo spesso infatti i bei progetti, le buone idee e propositi, si perdono nel nulla, dissolvendosi come neve al sole, quando si devono calare sul reale e trovare una logica attuazione didattica ed educativa» (Federici, 2015, p. 112). Come suggerisce sempre Federici (2015), infatti, i problemi riguardanti logistica e organizzazione vanno risolti attraverso una progettazione buona, la cooperazione dei singoli docenti, ma anche di conoscenze e competenze trasversali di genitori, di personale extrascolastico, coinvolgendo enti culturali, associazioni sportive, centri di educazione ambientale, operando così un razionale e funzionale collegamento tra scuola e territorio. L’approccio inclusivo e l’approccio dell’apprendimento cooperativo si prestano particolarmente nell’affrontare, prendere coscienza, metabolizzare i problemi riguardanti la questione ambientale e nel ricercare le possibili soluzioni (Zamberlan, 2019).

 

3. Ambiente naturale, paradigmi epistemologici

 

Per ambiente naturale intendiamo uno spazio in cui avvengono interazioni tra fattori biotici (“vitali”) quali: flora, fauna e fattori abiotici (“senza vita”) quali: acqua, suolo, aria, caratteristiche chimico-fisiche del terreno, temperatura e fattori antropici (l’uomo). La complessa combinazione e interazione tra questi fattori ambientali e gli esseri viventi formano ecosistemi (Jones et al., 1994). La natura secondo Simmel, 1985, è una totalità interconnessa, infinita e fluttuante. L’US EPA [United States Enviromental Protection Agency] fa una distinzione tra «ambiente naturale» e «ambiente costruito» dall’uomo. Di fatto, dal punto di vista olistico, per comprendere le dinamiche dei cambiamenti sul paesaggio dall’azione dell’uomo, possiamo concepire l’ambiente naturale come interazione quindi dei tre fattori: biotici, abiotici e antropici. Questo concetto trova conferma anche nella definizione di territorio quale tratto della superficie terrestre circoscritto convenzionalmente, uno spazio geografico composito, formato da una base naturale con specifiche caratteristiche fisiche, biologiche e ambientali, abitato e vissuto da una popolazione (Ruocco, 2009).

 

«L’ambiente si pone come un autentico crocevia della cultura: in esso si raccoglie la tradizione del passato e la spinta al cambiamento del presente, i valori di cui sono portatrici le civiltà di ieri con quelli di cui è portatore l’uomo di oggi» (Frabboni, 1985, p. 46).

 

L’ambiente può essere definito come l’immediato ambito di vita, inteso nelle sue componenti naturali e sociali. Rappresenta quindi la risultante della interazione tra le risorse di vita e le aspirazioni dell’uomo (Mencarelli, 1980). L’importanza di tentare un approccio ai concetti di territorio e di ambiente, risulta ai fini delle nostre riflessioni, significativo per dare un’impostazione corretta al problema dell’attività motoria e sportiva in ambiente naturale. In questo contesto pur nella interazione continua e dinamica dell’uomo con la natura intendiamo come «ambiente naturale” una chiara prevalenza dei fattori biotici e abiotici rispetto a quelli antropici pur rilevandone tracce sostanziali nel territorio della storia dell’uomo stesso. In definitiva esiste una differenza sostanziale tra una attività svolta all’aria aperta (come un giardino, un parco pubblico) e un’attività motoria attuata in ambiente naturale ove prevalenti sono le interazioni nell’ecosistema tra fattori biotici e abiotici rispetto a quelli antropici (Federici, 2021). La tutela del paesaggio, è indicato all’articolo 9 della Costituzione Italiana e recentemente è stato introdotto da parte della Consulta un nuovo comma: «la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni».

«L’ambiente, come parte della biosfera riguardante il territorio nazionale, è un valore costituzionale primario ed assoluto, la cui tutela costituisce l’obiettivo di una specifica materia trasversale» (Corte Costituzionale, 2008) a cui le future generazioni, che erediteranno questo patrimonio collettivo di inestimabile valore culturale, estetico ed etico, dovranno tendere. L’ambiente naturale con le innumerevoli attività pone il bambino in una “spazialità di situazione” e richiede al suo corpo di agire in uno spazio vario all’interno di situazioni problematiche che sollecitano continuamente l’espletamento di compiti immediati.

 

«Si evidenziano le relazioni sensoriali legate all’esperienza, all’apprendimento fondato sul luogo e alle opportunità esplorative, alle relazioni che tali circostanze favoriscono nelle dinamiche interpersonali […] che stimolano la motivazione, vera molla dell’agire, essenziale per tutti i processi di apprendimento» (Federici, 2015, p. 112).

 

«Osservando i bambini “immersi” in questo bagno sensoriale li scopriamo coinvolti, impegnati, affascinati, per nulla affaticati o annoiati» (Federici, 2015, p. 107).

 

«Lo spazio seppur circoscritto di un prato o di un giardino della scuola, [ma] ancora di più di un ambiente naturale, costituiscono un ambito privilegiato di spazialità corporea. Alberi, cespugli, terra, sabbia, erba, sassi, sentieri qualificano tutto lo spazio come una situazione in cui la continua mobilità del corpo del fanciullo si organizza sulla base di compiti concreti, spinto dalla curiosità di esplorare, toccare, lanciare, afferrare, sollevare attraverso una coordinazione percettiva e senso-motoria» (Federici, 2015, p. 106).

 

«Il legame tra bambini e natura è una tematica che affonda le sue radici in epoche antiche ed oggi si ripropone in modo, non nostalgico, ma didattico in un mondo dominato sempre più dal traffico, dall’assenza di relazioni sociali intime, dalla perdita di stimoli sensoriali vividi e di attività motoria libera» (Valentini & Donatiello, 2019, p. 29).

 

Il bambino e non solo, agendo nello spazio, misura il proprio corpo, si confronta, si scontra, adeguando i movimenti al contesto apprendendo a seconda del proprio vissuto, tanto più quando lo spazio sarà presentato in forme diverse (indoor ed outdoor) allargherà i propri orizzonti con esperienze ricche, diversificate verso il mondo delle cose, degli altri e dell’habitat con i quali entra in contatto. Le attività pratiche dovranno tenere presente un corpo che si muove nello spazio con consapevolezza, attenzione, nella prevenzione e tutela di sé, degli altri e dell’ambiente e come sostiene Merleau-Ponty (1965, p. 119), «non ci sarebbe per me spazio se non avessi corpo». La spazialità del corpo si concretizza nell’azione esplorando, manipolando, sperimentando tutti gli schemi motori di base in un coinvolgimento totale, naturale in toto dando senso e significativo al proprio agito. L’attività motoria esercitata, vissuta in ambiente naturale renderà il soggetto protagonista, attore nel sentire lo spazio e il tempo a sua misura, attivamente, in una dimensione reale, autentica, abitandolo «invece di inserirsi passivamente, immobile e chiuso al futuro, come avviene tuttora per gran parte dell’educazione “seduta” scolastica che intrappola il bambino in spazi ristretti, angusti, preordinati e fissi» (Federici, 2015, p. 107). Si valorizzerà oltremodo in natura la componente ludica, il «gioco libero, apparentemente senza regole fissate da adulti», i «giochi esplorativi, simbolici, immaginativi, creativi; ci si confronterà con materiali strutturati e non, desueti, semplici, di fantasia» (Federici, 2015, p. 107; cfr. anche Valentini & Tonini Cardinali, 2021). Si proporranno giochi della tradizione popolare che entusiasmano i bambini, giochi di movimento che coinvolgono anche con dinamiche relazionali, comunicative interpersonali, role-playing, azioni che stimolano il rispetto delle regole, di sé e degli altri (Parlebas, 1997). La motricità che spontaneamente apre a proposte a carattere interdisciplinare, ludiche, ma anche di osservazione, se programmata con attenzione all’età, ai prerequisiti, alle aspettative, ai bisogni degli alunni, contribuirà alla formazione della personalità, all’educazione, alla cultura di rispetto per l’ambiente naturale e per le sue innumerevoli forme di vita. Il piccolo ha una spontanea attrazione verso la natura: per incentivarla al meglio, bisognerà consentirgli di immergersi totalmente (suoni, profumi…), con il corpo, attraverso i sensi, per scoprirne i suoi piccoli e grandi fenomeni. Il bello della scoperta, con gli occhi della meraviglia, dello stupore, della curiosità nei confronti della realtà, con il corpo in toto, in una spazialità di situazione nuova, reale, magica, aiutano il pensiero riflessivo e divergente a strutturarsi aprendo le porte alla conoscenza e alla consapevolezza (Federici, 1993). Osservazioni dirette, indagine sul terreno, lezioni in ambiente naturale, escursioni permettono la creazione dell’immagine eidetica stimolandone la memoria eidetica (da non confondere con la memoria fotografica) che permette di visualizzare immagini, ricordi mentalmente, dettagli che rimangono impressi anche se visti solo per poco tempo, focalizzandoli. Situazioni che favoriscono tali operazioni riguardano ad esempio l’orienteering, il riconoscimento di oggetti, luoghi, rappresentazioni grafiche, plastiche, geometriche di cartine, riprodurre mentalmente informazioni spaziali. Tutto ciò favorirà l’intelligenza spaziale descritta come l’abilità di percepire con precisione il mondo visivo, di manipolarlo, cambiarlo a livello di immagini mentali, riuscendo a creare elementi visivi anche senza avere input concreti a cui riferirsi (Gardner, 2009). Attività didattiche che puntano ad acquisire la comprensione degli indicatori spaziali e a sviluppare l’intelligenza spaziale (Staccioli, 1987) sono: indicatore di direzione, di distanza (vicino, lontano), indicatore di dimensione (spazio di un foglio, riduzione in scala), indicatore di prospettiva (angolazioni diverse), indicatore di informazione (simbolismi utilizzati in una cartina). Attuare ad esempio in forma ludica gare di orienteering, caccia al tesoro individuali e in gruppo proposte con difficoltà crescenti tassonomiche, utilizzando anche carte con immagini fotografiche di un luogo conosciuto e muovendosi secondo un itinerario tracciato sulla carta. Queste attività richiederanno un continuo passaggio da un livello di comprensione spaziale bidimensionale (es. immagine o foto), ad una tridimensionale dello spazio reale. Saper rappresentare mentalmente lo spazio, per riuscire a coglierne il senso attraverso l’utilizzo di carte mentali, simboliche e mappe concettuali conferisce capacità di lettura dello spazio geografico e ci prepara ad affrontare la realtà in cui viviamo (Bissanti, 1993). Tutte queste attività sono strettamente collegate con l’aspetto motorio, ludico, del fare, dell’agire, del coinvolgimento emotivo e sensoriale per costruire «mappe cognitive» per apprendere, adattare, trasformare e comprendere in maniera sempre più nitida e coordinata, il mondo reale intorno a noi. West (2018) ha esaminato l’impatto di un ambiente naturale sull’apprendimento e sviluppo socio-emotivo di studenti autistici rilevando effetti positivi nella scoperta di sé, nella partecipazione e comportamento sociale.

 

4. Educazione Sensoriale e Scautismo: educazione fisica, morale ed intellettuale

 

L’educazione sensoriale deve essere oggetto di un particolare progetto pedagogico, spontanea acquisizione nelle attività in ambiente naturale. I sensi ci mettono in rapporto con il mondo e condizionano l’armonico sviluppo della persona, con emozioni, relazioni e attività intellettuali. La capacità di orientare la personalità evolutiva verso l’unità inter sensoriale è il significato più autentico di queste attività in ambiente naturale. In questo scenario, le esperienze devono cominciare nei primi anni di vita, nei nido, per continuare nelle Scuole dell’Infanzia, nelle classi della Primaria, negli Istituti di I e II grado, in un «continuum didattico e metodologico» progressivo, dove le azioni e le attività si espandono didatticamente come cerchi in uno stagno, dal centro verso l’esterno; le conoscenze prendono forma dall’energia del vissuto e spingono avanti l’onda dell’apprendimento e la motivazione a nuove conoscenze. In definitiva per una autentica educazione sensoriale intendiamo riferirci non solo alla stimolazione dei cinque sensi classici, ma a quella sintesi catartica che si esplica attraverso il movimento, nella coordinazione del gesto, negli schemi motori, nelle prassie come atti motori coordinati aventi un fine. L’evoluzione filogenetica dell’uomo e lo sviluppo ontogenetico della persona, dal bambino all’anziano, ripercorrono magicamente queste tappe e ritrovano appunto nel movimento la sintesi mirabile dell’efficienza sensoriale e della perfezione del corpo umano. L’uomo ha conquistato ogni angolo del mondo attraverso il movimento, l’azione, la sua intelligenza, l’affinamento delle capacità fisiche di adattamento all’ambiente. Gli analizzatori del movimento, cinestesico e statico dinamico, essenziali nel processo di controllo e regolazione dell’atto motorio, vanno ascritti a circuiti regolatori interni, mentre gli altri fanno parte dei circuiti regolatori esterni. L’analizzatore tattile, acustico, ottico, statico dinamico e cinestesico in particolare partecipano e interagiscono in percentuale molto diversa al processo di informazione sul decorso del movimento che concerne contenuto, quantità ed utilizzazione dell’informazione possibile, differenziandosi anche a seconda delle attività, dei gesti motori, delle varie discipline e degli sport. Per analizzatore cinestesico intendiamo riferirci a quell’analizzatore che percepisce il movimento attraverso propriocettori situati nei muscoli, legamenti, tendini, articolazioni dell’apparato umano. È significativo come Meinel (1984) attribuisca alle informazioni cinestesiche un’importanza tanto rilevante in quanto componenti spaziali essenziali della percezione umana. L’analizzatore statico-dinamico, analogamente a quanto avviene per l’analizzatore cinestesico è preso poco in considerazione tra i cinque sensi classici nell’ambito dell’educazione fisica concorrendo invece in modo determinante e sinergico nel quadro della coordinazione motoria. Se il sistema sensoriale in toto è integro e pienamente funzionale, in ogni istante i ricettori invieranno una molteplicità di segnali che verranno analizzati, sintetizzati ed elaborati in informazioni utili alla soluzione del problema in esame, del gesto da compiere in modo efficace, economico, rapido. Non saranno infatti sporadiche esercitazioni sensoriali svolte nel cortile della scuola, qualche gara di osservazione, o di percezione olfattiva nel chiuso di una stanza o allenamenti episodici per la valutazione delle distanze e misure nei prati di una periferia, a far orientare il bambino verso questa unità inter sensoriale. Integrando quanto già affermato da Federici (2015), «grande è la riconoscenza storica e pedagogica verso studiosi come Rousseau», Pestalozzi, Fröbel, Comenius, «Montessori, Dewey che hanno saputo anticipare con tanto acume il pericoloso allontanamento dalla natura nella nostra vita quotidiana e saputo formulare proposte metodologiche, suggerire strategie» e soluzioni didattiche (Federici, 2015, p. 106). Se si dovesse indicare un modello a cui tutt’ora ispirarsi metodologicamente per un’autentica educazione sensoriale pur con tutte le differenze nell’ambito di una educazione non formale, si indicherebbe certamente lo scautismo. Movimento che conta a cento anni dalla sua fondazione oltre quaranta milioni di iscritti, imponendosi come una delle più grandi associazioni di carattere nazionale, internazionale e universale che ha come fine ultimo la formazione fisica, morale e spirituale della gioventù mondiale attraverso molteplici e variegate attività svolte in ambiente naturale. Da una attenta lettura del mondo scautistico (Baden-Powell, 1932) e da una lunga esperienza personale, è possibile rilevare, la profonda unità del processo di educazione, poiché educazione fisica, sensoriale e intellettuale non sottintendono dualismi particolari o vicarianza, ma una idealità di intenti, mezzi, metodi ed obiettivi per lo sviluppo integrale della persona nel senso più ampio del termine. Con l’affinamento sensoriale, vengono illuminati e precisati i rapporti interni organici ed esterni con l’ambiente, le attività possono essere dirette in senso più economico ed utilitario, l’integrità della persona è più facilmente salvaguardata dalla proprietà e tempestività delle reazioni difensive, le facoltà mentali dispongono di una gamma più vasta e sicura di elementi informativi, la funzione neuro-motrice può esplicarsi più esatta, puntuale ed efficace. La ginnastica delle funzioni sensoriali è l’arte che esercita, sviluppa ed affina gli organi, le funzioni dei sensi e le qualità nervose e psichiche connesse. La percezione non è quindi una mera registrazione sensoriale ma una complessa operazione di interpretazione e riconoscimento degli stimoli e quindi della realtà, dello spazio, del complesso processo conoscitivo dell’apprendimento e della memoria. La percezione secondo gli psicologi della Gestalt è un processo olistico dove, il tutto è più della somma dei singoli elementi, per cui i processi che ne risultano consistono nell’influenza esercitata dalla interazione «del tutto sul tutto». Ogni individuo ha un proprio sistema di atteggiamenti e di esperienze che influenzano profondamente il proprio modo di percepire gli stimoli esterni e di reagire ad essi. Lo stesso Baden-Powell (1973) mostra assai stupito e preoccupato della scarsissima efficienza degli organi di senso in molti uomini maturi; oltre ad essere l’evidente indicazione di una grave insufficienza educativa, rappresenta anche un motivo preoccupante di generale debolezza degli uomini nell’esercizio della loro professione e più in generale, nella loro capacità di vivere. Il contatto con gli elementi naturali attraverso il movimento, l’azione, offre al soggetto, bambino o anziano che sia, un modo significativo e sostanziale di vivere e percepire il proprio corpo in contrapposizione al triste effetto della vita civilizzata, con le innumerevoli comodità che portano ad inibire ed atrofizzare queste funzioni. Nello scautismo (Baden-Powell, 1973, pp. 200–223) l’educazione sensoriale è sviluppata attraverso due vie fondamentali: la prima che consiste nelle tante esperienze di campeggio, di uscite, escursioni vissute attraverso l’azione, il senso di avventura e scoperta, il contatto con gli elementi biotici ed abiotici di un ecosistema, il movimento in piena natura in totale immersione emotiva esperienziale. La seconda via è costituita da una serie di attività specifiche, ludiche, fortemente motivanti volte per l’appunto all’esercizio analitico e di sintesi globale dell’efficienza dei vari analizzatori sensoriali e cinestesici. Saper ri-conoscere gli oggetti al buio, percepirne la forma, gli odori, il gusto, orientarsi con informazioni acustiche, integrando od escludendo alcuni sensi, valutare pragmaticamente le distanze, le direzioni, le traiettorie, la velocità. Focalizzare l’attenzione su alcuni particolari e su tutto ciò che gli occhi non vedono e le mani non stringono. Il campeggio, il superamento e adattamento alle varie difficoltà che si presentano nelle escursioni, l’esplorazione dei vari ecosistemi, le attività manipolative nella costruzione di utili attrezzi ed utensili, stimolando capacità creative ed originali, insomma tutto lo scouting for boys e la woodcraft (Baden-Powell, 1973, pp. 212–214), diventano preziose tecniche educative mirabilmente adattate alle tappe auxologiche e psicologiche dell’età evolutiva. Un’educazione sensoriale sviluppata attraverso il contatto diretto, che impone la capacità di coinvolgere la persona nella sua totalità di essere al mondo. L’esercizio particolare dei sensi, trova quindi la sua alta espressione e la sua immediata applicazione ad esempio nella tecnica di osservazione, alla quale Baden-Powell dedica molti dei suoi sforzi e che riteniamo giusto considerare come uno spazio di campo intermedio e di passaggio tra l’educazione sensoriale ed intellettuale, dal momento che essa si presenta come la premessa indispensabile del ragionamento induttivo. L’uomo comunica con tutti i sensi e riceve informazioni dall’ambiente circostante attraverso i vari canali e recettori, anche se la maggior parte delle informazioni sono convogliate attraverso la vista. Ma vedere, non significa affatto saper osservare, l’esplorazione visiva assume intensità diverse con l’esperienza sia quantitativamente che qualitativamente. La presa di informazione mira ad assicurare un’interazione ottimale tra azione e ambiente. Le stesse strategie di “esplorazione visiva” infatti trovano una significativa differenza nel principiante che si avvicina alla natura e dall’esperto, paragonabile sotto certi aspetti a ciò che avviene tra il neofita e l’atleta evoluto. Infatti, mentre il primo tende ad essere richiamato da elementi molto attraenti, ma spesso poco utili in termini di informazioni, spostando lo sguardo, a caso senza logica, il secondo segue il contesto in base alla integrazione esperienziale e alle aspettative, mirando a cogliere dalla situazione oggettiva il significato, ricercando indizi precisi che confermino le sue ipotesi. D’altro canto, è evidente che le stesse capacità intellettuali hanno tutto da guadagnare da un eccellente funzionamento degli organi di senso, perché spesso l’esattezza del giudizio mentale, dipende molte volte dalla esattezza di una percezione sensibile. L’osservazione secondo lo scautismo (Baden-Powell, 1973, p. 69), è di capitale importanza perché porta ad abituare il bambino ad esperienze di apprendimento complete coinvolgenti per la costruzione del pensiero riflessivo e quindi a creare un’educazione intellettuale per un corretto sviluppo cognitivo. Lo scautismo imposta l’approccio educativo dell’osservazione non tanto come unico canale di apprendimento, quanto nel porre l’allievo, immerso nella natura, in questo autentico bagno sensoriale, in condizioni di esercitare le sue facoltà di osservazione e aiutarlo a sviluppargli in concreto il piacere e l’interesse auto educativo per queste attività. Svelare il mondo, ambienti, territori, paesaggi attraverso le emozioni generate dalla sollecitazione e dagli stimoli fisici, sensoriali, intellettuali che provengono dai luoghi. La realtà è considerata come esperienza emozionale che implica la possibilità di un coinvolgimento di tutti i sensi, modulati secondo la loro magica polifonia. La realtà oggettiva si rileva come insieme percettivo e fenomenologico. Un’interazione ed un incanto emozionale per le piccole e grandi scoperte che possiamo anche noi adulti far risorgere nel ricordo della nostra infanzia durante una passeggiata nel bosco o in un altro ecosistema, che ci faceva esclamare quel «…Guarda… !!», come se gli occhi non potessero contenere la meraviglia e lo stupore per l’incontro di un animale, per la vista di un paesaggio, di un tramonto o di un semplice fiore (Federici, 1998). Troppo spesso la scuola invece riduce lo spazio, gli ambienti, i paesaggi impoverendoli di significato per interpretarne misure matematiche, parametri volumetrici ed aspetti puramente nozionistici. L’uomo moderno e quindi il bambino mancano di stupore, si vive sacrificando emozioni alla razionalità. Eppure, le emozioni sono modi di essere fondamentali dell’esistenza e per Sartre una certa misura d’apprendere il mondo e quindi in primo luogo «coscienza del mondo» (Abbagnano, 1998). La cultura occidentale, e quindi la stessa scuola hanno chiuso all’osservatore partecipazione emotiva, attribuendo grande importanza all’oggettività quale parte integrante dei valori conoscitivi riconosciuti come scientifici. Si dimentica infatti che lo spazio fisico è appunto spazio emozionalmente vissuto dall’alunno che accende ed alimenta la curiosità alla conoscenza e quindi la motivazione ad apprendere. Una vera e propria «palestra naturale di osservazione» è rappresentata dalle proposte di attività di esplorazione chiamate in gergo tipicamente scout «Hike», (Baden-Powell 1973, p. 234). Si eseguono in nome di una graduale concretezza e si svolgono in gruppo o individualmente, consistono nel percorrere un tratto di territorio con il compito di riferire al ritorno il maggior numero di osservazioni sugli ecosistemi naturali, caratteristiche biotiche e abiotiche dell’ambiente, biodiversità, opere degli uomini, caratteristiche culturali, abitudini (fattore antropico). L’osservazione della natura, il grande fascino che questa attività riesce a suscitare emozionalmente nell’animo, resta uno dei cardini fondamentali di questo metodo educativo. L’osservazione presuppone quindi non l’esaltazione della sola vista ritenuta spesso come il più nobile dei sensi, perché basato sull’occhio, quale strumento imparziale per raccontare la verità ed il reale ma come complesso olistico di elaborazione percettiva e fenomenologica Nel mondo occidentale e nel Rinascimento, l’invenzione della rappresentazione prospettica ha reso l’occhio il punto centrale del mondo percettivo e stabilito la predominanza della vista sugli altri sensi in quanto ritenuti dalla scienza troppo soggettivi e relegati nel dominio dei fenomeni (Barbara, 2000). La cultura contemporanea altamente tecnologica e basata sulla massificazione dell’immagine ha poi esasperato la separazione dai sensi. Si sono privilegiati la vista e quindi l’udito, quali sensi sociali, (privilegiati in modo esclusivo dalla scuola), mentre pressoché esclusi dal codice culturale gli altri sensi, pensati come residui sensoriali arcaici cui è stata attribuita una funzione puramente privata (Pallasmaa, 2007). Una percezione quindi della realtà che promuove e accoglie tutti i sensi dell’esperienza percettiva in connessione emotiva e cognitiva che conduce l’alunno se giustamente intesa, al ragionamento induttivo. Acquisire cioè la capacità di collegare i vari dati dell’esperienza sensoriale, attraverso il piacere della scoperta, il fascino di sapersi meravigliare, l’enunciazione di rapporti di dipendenza logica tra causa ed effetto, stimolando attenzione e memoria. Educare alla emozionalità dello spazio reale attraverso l’attivazione di tutti i sistemi sensoriali, saper rappresentare lo spazio vissuto e saperne descrivere e rappresentare le emozioni. È importante perciò «partire, nei primi anni di Scuola Primaria dall’approccio senso-percettivo dell’ambiente circostante attraverso un’esplorazione consapevole del contesto» (MIUR, 2004, p. 18). Lo spazio immateriale del cyberspazio, dei social network a cui sono soggetti i giovani oggi, è caratterizzato da legami emotivi di immagini e brevi pensieri ed una perdita a coltivare emozionalità per uno spazio fisico reale e del tempo. Nello scautismo sin dai più piccoli (lupetti) che corrisponde all’età della Scuola Primaria, lo spazio ed il tempo sono strettamente vissuti, condivisi, interiorizzati attraverso l’azione, il movimento, la ricerca pragmatica della soluzione dei problemi. Non sarebbe arbitrario attribuire a Baden-Powell l’idea che l’educazione intellettuale non può essere quel che deve essere se la si dissocia dall’educazione fisica (Ulmann, 1973). L’empirismo di Baden-Powell, il suo rigetto o la sua non conoscenza di quelle teorie astratte che quando anche ravvicinano l’anima al corpo, spesso si contrappongono, lo portarono a concepire un’educazione unificata a tal punto, che è difficile delineare in essa un dominio da far corrispondere ad una pura educazione fisica. Non vi è educazione fisica senza educazione morale e intellettuale e viceversa, questa è la tesi di fondo dello scautismo. Mai era stato accordato tanto all’educazione fisica rivestita della sua funzione (Ulmann, 1973).

 

5. Conclusioni

 

Conoscere il passato è garanzia di saper progettare il futuro, il processo conoscitivo di un sistema educativo non formale rappresenta comunque una enorme eredità culturale e pedagogica da cui attingere, riflettere (Jones, 1992). Per quanto, oggi possono essere diverse le condizioni storiche e sociali, ancora validi invece possono essere i principi pedagogici, le attività e le metodologie proposte. Lungi dal voler fare una apologia del primitivismo, o di un ritorno romantico alla natura avulso dalla realtà, ben consci delle differenze tra un sistema scolastico di educazione formale e quello non formale dello scautismo. L’intento è quello di cogliere degli spunti critici di riflessione, analogie e differenze dello scoutismo e la scuola (Lucisano,  Rubat du Mèrac, 2015) con le varie esperienze che si sono realizzate attraverso i principi ispiratori delle scuole all’aperto di quest’ultimo secolo. Riflettere anche del fiorire improvviso e a volte estemporaneo «dell’outdoor education» proposto nel nostro Paese. La tutela dell’ambiente resta comunque un tema educativo centrale nella vita di ogni cittadino, per ogni età, dal bambino all’anziano. Attivare un processo di conoscenze culturali, etiche, valoriali, morali, di competenze e abilità motorie, attraverso l’azione, che stimolino emozioni, sentimenti, comportamenti responsabili e auto educativi perché un ambiente sano sarà forse l’unica vera incommensurabile ricchezza che lasceremo ai nostri figli. Bruno (2002), Professor of Visual and Environmental Studies presso l’Università di Harvard, ha coniato la definizione di «geografia emozionale» per definire una serie di immagini mentali generate dalla sollecitazione e dagli stimoli fisici, sensoriali, intellettuali, emozionali che provengono dagli ambienti, ecosistemi, paesaggi, territori. La realtà è considerata come esperienza emozionale che implica un coinvolgimento di tutti i sensi e che modificano il nostro essere persona e la nostra vita psichica. Trattando di paesaggio e psiche, Hellpach (1960), si sofferma sull’esperienza uditiva che emerge nell’evocazione del silenzio tra la notte e il giorno, o sull’induzione cromatica dei colori, dell’intensità della luce dei colori dominanti del paesaggio, dell’azzurro e del verde i cui effetti sono rilassanti, i colori vivi delle radiazioni luminose a onde lunghe, il rosso, il giallo. L’autore sottolinea anche le sensazioni generate e associabili agli odori gradevoli della terra, del legno, dei fiori messaggeri della natura nelle stagioni e durante lo stesso giorno, al mutare delle condizioni climatiche e della temperatura. L’esperienza multisensoriale si estende anche al tatto, con una gamma assai ampia per le sensazioni tattili, termiche pressorie, ma anche legate al gusto, al cibo, ai tanti frutti, ai sapori stagionali, di un territorio. Esperienze percettive e sensoriali che toccano la fenomenologia del soggetto e della persona in un coacervo di emozioni che si saldano nel proprio patrimonio culturale e psicologico. Le emozioni e i sentimenti accompagnano gli uomini nella loro esistenza e riguardano gli individui (sentimenti individuali) e i gruppi (sentimenti sociali). I luoghi sono intrisi di umanità e di passioni che vanno com-presi, studiati e progettati. Di qui nascono le geografie emozionali, il cui oggetto sono i territori emotivi e i paesaggi delle sensazioni e dei sentimenti (Persi, 2010). In ambito scolastico sempre più, oggi, constatiamo una apatia per la componente spaziale ed è sempre più difficile coinvolgere gli alunni in itinerari educativi finalizzati alla conoscenza, all’analisi dello spazio-tempo percepito. L’alienazione del rapporto con lo spazio nei giovani induce ad un lassismo nei confronti delle odierne emergenze ambientali e socioculturali (Diamanti, 2007). L’ambiente naturale diviene quindi discorso e luogo della memoria, della storia, della cultura individuale e collettiva di un territorio, e come tale, paradigma di valori etici ed estetici.

 

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