«Vissero i fiori e l’erbe, | Vissero i boschi un dì». La canzone Alla Primavera o delle favole antiche di Leopardi

Autori

  • Luigi Blasucci

Abstract

Le linee direttive che ho seguito nella stesura di questo commento, così come di quelli dedicati a Alla luna e al Bruto minore (apparsi rispettivamente in «Per leggere», II, 2, 2002, pp. 63-70; e in Studi in onore di Pier Vincenzo Mengaldo per i suoi settant’anni, Firenze, Sismel. Edizioni del Galluzzo, 2007, vol. I, pp. 841- 78), sono state già da me enunciate in una nota introduttiva al secondo dei suddetti lavori. Ne riproduco qui i punti fondamentali:

1) divisione dei ‘compiti’ fra note a pie’ di pagina, di carattere essenzialmente filologico e documentario (chiarimento dei significati, notificazione dei referenti storici, ideologici o biografici, richiami linguistici alla tradizione, ecc.), e discorso introduttivo, di tenore più propriamente critico (la cosiddetta ‘interpretazione’);

2) anteposizione al blocco discorso-note: a) di una notizia sulla cronologia, i testimoni e le vicende editoriali del componimento in esame; b) di una nota metrica un po’ più dettagliata delle solite evasive etichette da manuale scolastico (canzone a schema fisso, endecasillabi sciolti, canzone libera, ecc.);

3) valorizzazione, nelle note a pie’ di pagina, dell’intera tradizione esegetica dei Canti, con particolare riguardo ai suoi ‘padri’ (Straccali, Antognoni, Sesler, lo stesso Giuseppe De Robertis), le cui soluzioni e indicazioni risultano spesso insuperate;

4) utilizzazione sistematica dell’autocommento per ciò che riguarda le prime «canzoni», ricavabile tanto dalle note in margine agli autografi, quanto dalle Annotazioni pubblicate assieme alle stesse canzoni nell’edizione bolognese del 1824;

5) indicazione dei richiami intertestuali secondo criteri di ‘attendibilità leopardiana’, più che di generiche consonanze: tenendo comunque presente che il linguaggio poetico leopardiano mira piuttosto all'araldicità che all’allusività;

6) inclusione, come parte integrante dell’apparato esegetico, delle correzioni d’autore, sia manoscritte che a stampa, nonché delle varianti registrate ai margini dei manoscritti o in foglietti separati, che per quanto talvolta copiose sono da ritenersi dei materiali preziosi sia per se stessi, sia per i lumi che possono fornire sui significati delle lezioni a testo;

7) uso discreto dello Zibaldone e degli altri documenti del pensiero leopardiano (Operette, epistolario, e altro), secondo criteri di effettiva pertinenza al testo poetico in esame.

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Pubblicato

2015-01-21

Fascicolo

Sezione

Articoli